Milano, 18 aprile 2014 - Ai buoni pasto, che ogni anno muovono in Italia un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro, baristi e ristoratori non vogliono rinunciare. Tuttavia nel gioco al ribasso tra le aziende che erogano i ticket e quelle che li acquistano per i propri dipendenti, i titolari dei pubblici esercizi temono di restare con il cerino in mano. Per questo hanno bussato alle porte della stanza dei bottoni, alla Consip, la centrale di acquisto della pubblica amministrazione, e all’Antitrust. Obiettivo: fare chiarezza sulle regole del mercato. «Quando si fanno gli affari, se guadagna uno solo salta il gioco. E per adesso chi si avvantaggia è soltanto l’azienda che dà i ticket ai suoi dipendenti», taglia corto Lino Stoppani, presidente della Federazione italiana pubblici esercizi di Confcommercio (Fipe).

Come funziona la catena dei buoni? Le imprese, spiega Stoppani, selezionano la società a cui affidare la fornitura di ticket cercando di strappare il miglior prezzo. Per i pubblici esercizi il sostitutivo della mensa è fondamentale per far quadrare i conti. Secondo una stima di Confcommercio, tra le oltre cinquemila insegne di bar e ristoranti a Milano più della metà accetta i ticket. Un incasso che però resta sulla carta finché la società che ha emesso il buono non lo ritira.

E qui cominciano le dolenti note, «tra ritardi nei pagamenti agli esercenti, buoni scaduti, differenze di fatturazioni e gli sconti sulla fornitura», elenca Stoppani. E poi c’è la voce «servizi aggiuntivi», una strategia messa in campo da alcune società emittitrici per risparmiare sui rimborsi. «Ti offrono l’elettricista, l’idraulico, l’assicurazione in cambio di un ulteriore sconto sul fatturato che uno sviluppa con i buoni — osserva Stoppani —. Se non li accetti, non ti danno la convenzione».

Nelle scorse settimane Fipe ha inviato un esposto alla Consip per richiamare l’attenzione sui comportamenti non allineati ai capitolati delle pubbliche amministrazioni. Inoltre ha fatto denuncia all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha avviato un’indagine. L’ultima lettera è partita lo scorso primo aprile, indirizzata all’Acsm-Agam spa di Como (e pubblicata sul sito dell’Anseb, l’associazione di categoria delle società che emettono ticket). Fipe chiede di mettere mano al bando per l’appalto dei buoni pasto — aggiudicato con il massimo ribasso — specie nel punto in cui si prevede l’impegno della società aggiudicata a «richiedere, a ciascun esercizio convenzionato, uno sconto incondizionato sul valore nominale del buono pasto non superiore al 20%».

Viene invece promosso dall’associazione il regolamento a cui sta lavorando il Comune di Milano per lo stoccaggio delle bombole dei radianti, i «funghi» dei dehors finiti nel mirino di un’inchiesta della magistratura. «È una difesa degli esercenti e dei consumatori, ha evidenziato pratiche scorrette — osserva Stoppani —. Questa è la buona burocrazia».

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