Milano, 1 aprile 2014 - Le imprese milanesi non si sono ancora lasciate alle spalle la burrasca, l’impennata della cassa integrazione tra il 2012 e il 2013 è la spia della crisi che ancora le assedia. Un +19% di ore autorizzate a Milano e provincia, contro il -1.4% della media nazionale, e con un -30,2% della cassa in deroga che solo in parte compensa il boom del 55,6% per quella ordinaria e del 43,9% per quella straordinaria.

Milano fatica a mantenere il titolo di «gran Milan», anche se l’emorragia dei posti di lavoro è meno grave che nel resto della Lombardia e in Italia. Secondo i dati dell’ottava edizione del rapporto «Il lavoro a Milano», realizzato da Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil, nel 2013 il tasso di disoccupazione nell’area ambrosiana (su una forza lavoro di un milione e 520mila persone) è stato del 7,7% rispetto al 5,8% del 2011 e contro l’8,1% della Lombardia e il 12,2% nazionale. Un dato però, ricorda Mauro Chiassarini, vicepresidente di Assolombarda con delega al lavoro, «peggiorato a gennaio».

Il rapporto sottolinea come l’alta presenza di lavoratori più qualificati sia una delle difese immunitarie del Milanese dal contagio della crisi, ed è lì che bisogna insistere. A partire dai giovani «Neet» (acronimo inglese, indica coloro che non studiano né lavorano): in Italia sono il 22,2% nella fascia d’età 15-24 anni, quasi uno su quattro. Per il segretario generale Cgil Milano, Graziano Gorla, le università «vanno trasformate in campus per attirare studenti stranieri, usando le ex caserme». Inoltre, «bisogna rilanciare l’innovazione nel manifatturiero, la curva dei nostri brevetti è crollata negli ultimi anni».

Settimana scorsa è arrivata dal Pirellone la proroga degli ammortizzatori in deroga fino a giugno. «Ha spostato in avanti l’asticella delle difficoltà — osserva Danilo Margaritella, segretario generale Uil Milano e Lombardia —. Ora si naviga a vista, attendiamo la riforma del premier».

luca.zorloni@ilgiorno.net

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