Milano, 13 marzo 2014 - C’è chi entra come testimone in aula, e scopre di essere indagato: è il caso di Luciano Bresciani, ex assessore alla sanità della Regione Lombardia, il leghista già medico di fiducia di Umberto Bossi, chiamato a testimoniare, dalle difese, al processo sugli appalti di strumenti diagnostici negli ospedali lombardi forniti dalla Hermex di Giuseppe Lo Presti, viziati da corruzione e turbativa d’asta. E c’è chi, da indagato, scopre in aula non esserlo più: in quanto, su richiesta del pubblico ministero accolta dal gip, è stata archiviata l’accusa: ed è il caso del direttore generale dell’Istituto dei tumori di Milano, Gerolamo Corno, divenuto teste d’accusa.

Giravolte processuali davanti alla quarta sezione penale, presidente Oscar Magi, dove è imputato l’ex consigliere regionale Massimo Gianluca Guarischi, un altro (oltre all’ormai consolidata figura di Pierangelo Daccò) trait d’union fra gli imprenditori, le loro esigenze, e amministratori e funzionari in Regione, fra cui Roberto Formigoni. Bresciani, che propose le due delibere sotto accusa - grazie alle quali erano stanziati 8 milioni per l’ospedale di Cremona e 21 per l’Istituto dei tumori di Milano - è indagato per turbativa d’asta dal pubblico ministero Claudio Gittardi, dopo che indagini e interrogatori lo pongono come figura di riferimento a cui si rifaceva, per quegli appalti pilotati, l’ex direttore generale della sanità lombarda Carlo Lucchina (anche lui indagato). Il pubblico ministero scopre su Bresciani le carte, quando sta per essere sentito come teste della difesa: cosa che non può accadere per un indagato, il quale non ha l’obbligo di rispondere. Ed è proprio ciò che Bresciani, supito, farà: «Non lo sapevo, dunque mi avvalgo della facoltà di non rispondere».

Procedimento rovesciato, invece, per il direttore generale dell’Istituto dei tumori Corno: che il pm chiede di sentire come teste ex indagato, dopo la notifica dell’archiviazione da parte del gip. Per la Procura, Corno, è divenuto un teste utile, in grado di dare alcuni elementi di riscontro all’ipotesi d’accusa nel procedimento a carico di Guarischi e Luigi Gianola, l’ex manager dell’ospedale di Cremona. Se infatti la delibera, in cambio di mazzette, avrebbe favorito senza inciampi i Lo Presti (usciti nel frattempo dal processo con un patteggiamento) per la fornitura di un «acceleratore lineare», il Vero, all’ospedale di Cremona, nel caso dell’Istituto dei tumori contrattempi e dilazioni misero la pratica su un binario morto. Proprio per via di Corno, che nicchiava, prendeva tempo, eludeva i Lo Presti. E fra maggio e dicembre 2012, fra richieste di ampliamento di spesa con le quali Corno temporeggiava, si arriva - è lo stesso dg a dirlo in un interrogatorio davanti al pm - a «una convocazione», il primo marzo successivo, da parte di Lucchina in Regione. E’ la conseguenza delle proteste dei Lo Presti, ben recepite ai piani alti del Pirellone. In quel giorno, Formigoni e Guarischi sono in viaggio verso l’Oman (uno stralcio d’indagine tratta proprio l’accusa di corruzione, per quei viaggi, a carico del Celeste).

Corno racconta: accompagnato da Lucchina al 30esimo piano, alla presenza del segretario particolare di Formigoni, Paolo Alli, gli si chiede ragione del suo comportamento. Una ramanzina, la definirà lo stesso manager, di cui si lamenterà con lo stesso Lucchina. «Mi avete fatto una lavata di capo», ricevendo, in risposta: «Di questa cosa non ne voglio sapere niente». Tutto ciò, per ora, Corno non lo ha potuto ripetere in aula, perché il persidente Oscar Magi non ha ammesso il testimone, fedele all’accordo fra accusa e difesa di sentire una sola volta i testi comuni. Ma sarà certo sentito alla fine del dibattimento.

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