Milano, 28 febbraio 2014 - Testa calda, certo «irascibile»: e «provocato», quasi investito da un taxi sulle strisce pedonali (lui e la moglie incinta), ha menato le mani, anzi delle bottiglie d’acqua minerale, ma «non voleva uccidere». Non è un uomo da galera, il consulente informatico Davide Guglielmo Righi, 48 anni, e una compagna al nono mese che — dati gli eventi — ieri ha partorito. Il suo becero incontro-scontro di domenica sera sulle strisce di via Morgagni (alle spalle di Corso Buenos Aires) con il tassista Alfredo Famoso, l’Aquila 7 delle auto bianche di Milano, è un punto di non ritorno di morte e dolore, provocati da rabbie reciproche e dalla ridicola e impropria arma di un cartone di San Benedetto, che fa sbattere a terra il capo del tassista. È un’ordinaria e aberrante storia, infilata nei confini di un «banale diverbio stradale», che il gip Gianfranco Criscione riconduce su un piano di realtà.

Così non è omicidio volontario, inteso come accettazione del rischio di uccidere: il gip derubrica in omicidio preterintenzionale, con l’attenuante della provocazione subita, non convalidando il fermo per il reato contestato dalla Procura, e dispone per l’indagato, fino a ieri in carcere, gli arresti domiciliari. Righi, «pur avendo colpito il capo della vittima con una pesante arma impropria», non aveva «l’intento di uccidere Famoso, bensì solo quello di arrecargli una lesione o, comunque, di percuoterlo ». Secondo il giudice «è più che plausibile che Righi abbia agito nello stato d’ira determinato dall’ingiusta condotta del povero Famoso, il quale, infatti, non contento di aver quasi investito Righi e altre persone sulle strisce pedonali (due ragazzi avrebbero fatto un balzo indietro, ndr), si fermava e scendeva dal proprio veicolo per lamentarsi minacciosamente del danno che quest’ultimo aveva cagionato allo stesso veicolo (della cui esistenza e consistenza non v’è precisa traccia agli atti)». Il danno? Il colpo che Righi ha intenzionalmente dato con le bottiglie al taxi, subito dopo che aveva inchiodato.

Nel suo interrogatorio Righi dice che Famoso era aggressivo e che lo ha «strattonato», che lui ha reagito spaventato con un colpo automatico, ma, anche se si tratta di dichiarazioni «interessate e minimizzanti » pur «non prive di valenza confessoria», la ricostruzione «è irrimediabilmente contraddetta in alcuni limitati ma cruciali punti» dai testimoni. Sia pure non «animato da intento omicida» (in quattro lo vedono assestare la botta e vedono Famoso che, cadendo «sbatteva forte la testa per ben due volte»), e anche se il tassista si era rivolto «minacciosamente», Righi lo ha colpito «a prescindere da un contatto fisico fra i due». Il fatto poi che l’uomo abbia alcuni precedenti di violenza privata, dovuti a «forti dissidi» nella «separazione da una sua precedente compagna», ne indica un’«indole irascibile e violenta» di chi «tende a risolvere con l’uso della forza anche i più semplici e futili conflitti interpersonali», tale da imporre gli arresti domiciliari. Ma poi è stato proprio lui stesso «a rendere possibile la sua identificazione».

Marinella Rossi