di Nicola Palma
Milano, 20 febbraio 2014 - «È UNA CAUSA-PILOTA», sottolinea con un po’ d’orgoglio l’avvocato Francesco Cristina. Potrebbe fare da apripista. Per la prima volta in Italia, un albergo fa causa a un Comune, quello di Milano, sull’imposta di soggiorno. Vale a dire la tassa, reintrodotta nella legislazione italiana nel 2011 (era stata abolita nel 1991), a carico dei non residenti — turisti, uomini d’affari e altri — ospitati nelle strutture ricettive presenti su un determinato territorio.

Per chi non lo ricordasse, sotto la Madonnina le tariffe giornaliere, riviste al rialzo a luglio, vanno da un minimo di 2 euro a persona per gli alberghi a una stella a un massimo di 5 per i quattro e cinque stelle. Intendiamoci, il Flora di via Napo Torriani, a due passi dalla Centrale, non contesta la legittimità della gabella (precedenti sentenze del Tar sconsigliano l’azione), bensì la mancanza di contributi pubblici per il lavoro da «veri e propri esattori» svolto quotidianamente per conto dell’amministrazione.

A sentire Giovanni Mantovani e il figlio Riccardo, titolari dell’hotel, ce n’è da fare: «Bisogna mettere insieme le ricevute e rendicontare tutto — informano — per poi mandare il faldone agli uffici competenti, comprese le dichiarazioni di rifiuto di chi non vuole pagare». Senza contare il costante aggiornamento del software di gestione, affidato a una ditta esterna, e la documentazione da inviare annualmente. «Non si può sbagliare di un centesimo: il commercialista ci ha chiesto duemila euro al mese per farlo al posto nostro», sorride amaro papà Giovanni. Sì, perché le eventuali responsabilità penali e patrimoniali ricadono sugli albergatori, che un pronunciamento della Corte dei Conti veneta ha equiparato ai pubblici ufficiali: «Agenti contabili di fatto». Riccardo si chiede: «Imprenditori o funzionari statali?». Entrambi. «E allora vogliamo il rimborso delle spese».

E ANCORA, «pretendiamo un compenso per l’attività di riscossione». L’avvocato Cristina ha già fatto i calcoli: «Pensiamo che un aggio dell’8% sul valore dell’imposta possa essere congruo». Per la cronaca, è lo stesso richiesto da Equitalia. Ovviamente, l’amministrazione di piazza Scala non la pensa così. Materia da Tribunale civile. A maggio l’Hotel Flora si è rivolto al giudice, nei giorni scorsi la Giunta Pisapia si è opposta ufficialmente. Siamo alle schermaglie iniziali, la decisione potrebbe arrivare nei primi mesi del 2015, «al massimo in primavera», spera Cristina. Le posizioni restano distantissime. Per Palazzo Marino, «il riconoscimento alle strutture alberghiere di un compenso non previsto dalle legge statale per l’attività di rendicontazione e versamento dell’imposta — si legge nel provvedimento — inciderebbe negativamente sul quantum dell’imposta, decurtando di fatto l’entrata tributaria e distraendo le somme riscosse dalla loro specifica finalità collettiva per l’interesse privato». Una tesi rispedita al mittente dall’avvocato Cristina: «Il Comune ha delegato il lavoro all’albergatore con un contratto di mandato». Che, codice civile alla mano, prevede un compenso: «A Torino hanno recentemente riconosciuto un aggio dell’1,95%». Precedente che potrebbe pesare. Si vedrà. «Noi andremo fino in fondo — assicura Giovanni Mantovani —. Ormai è diventata una questione di principio».
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