Milano, 1 febbraio 2014 - Kabobo resta in carcere. No al trasferimento in un ospedale psichiatrico giudiziario: Adam “Mada” Kabobo, il giovane ghanese che lo scorso 11 maggio ammazzò a colpi di piccone tre passanti in città, deve rimanere a San Vittore. Con un provvedimento che ribalta gli esiti di una perizia depositata nei giorni scorsi - e che aveva scatenato le reazioni politiche della Lega Nord - i giudici del tribunale del Riesame hanno stabilito che la casa di reclusione può garantire sia le cure necessarie all’immigrato che le esigenze di sicurezza.

Anche perché, secondo i magistrati, si tratta di un uomo che soffre di “schizofrenia paranoide” e che potrebbe uccidere ancora. Una decina di giorni fa, invece, il medico legale Marco Scaglione nominato dallo stesso Riesame aveva concluso il suo lavoro con una relazione che indicava nell’ospedale psichiatrico giudiziario la struttura più adatta dove collocare Kabobo, sempre in regime di custodia cautelare. Lunedì scorso, poi, la perizia è stata discussa in un’udienza cui ha partecipato anche il ghanese e al termine della quale i suoi avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno avevano chiesto che venisse trasferito nell’opg di Castiglione delle Stiviere (Mantova).

Il collegio del Riesame (Spagnuolo Vigorita-Boniolo-Conforti) ha però bocciato l’istanza con un’ordinanza depositata ieri mattina, nella quale si spiega che il medico legale non ha valutato come del tutto incompatibili con il carcere le condizioni di Kabobo. Il perito aveva, però, anche posto «l’accento - come scrivono i giudici - sulla necessità di affiancare la terapia farmacologica con diverse tipologie di trattamenti, non praticabili nella struttura carceraria», come il coinvolgimento in «attività di riabilitazione». Secondo il medico legale, dunque, la soluzione preferibile per l’immigrato “in concreto’’, da questo punto di vista, era «l’ospedale psichiatrico giudiziario’’.

I giudici, tuttavia, fanno notare prima di tutto come, in base ad una sentenza della Cassazione, il Riesame «non è in alcun modo legittimato in questa sede all’applicazione di un istituto», quello della misura di sicurezza in un opg, «che si presenta come assolutamente eterogeneo e distinto rispetto alle misure cautelari».

Secondo i giudici, dunque, se Kabobo fosse stato del tutto incompatibile con il carcere, non sarebbe potuto finire in un opg - non essendo per loro possibile decidere in questo senso (solo dopo una sentenza con dichiarazione di infermità mentale si può disporre in quel senso) - ma in una casa di cura «agli arresti domiciliari».

I giudici ritengono anche che non sussista «una condizione di incompatibilità della patologia dalla quale è affetto il Kabobo con la custodia in carcere». Intanto, dalla relazione del perito emerge che il ghanese continua a sentire quelle «voci» che, a suo dire, l’avrebbero portato ad uccidere e ad aggredire anche un compagno di cella nei mesi scorsi. «Fisicamente sto bene - avrebbe detto Kabobo al medico - psicologicamente sto migliorando, ma sento ancora delle voci che mi dicono che i bianchi sono quelli che mi hanno ridotto così».

Il Riesame parla, tra l’altro, di «gravissimo ed eccezionale pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie». Mentre i difensori annunciano che ricorreranno in Cassazione, il destino giudiziario di Kabobo passerà per il processo con rito abbreviato che si apre giovedì prossimo. Una perizia ha accertato che non era totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto, ma la difesa chiederà al gup altri accertamenti psichiatrici.
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