Milano, 12 novembre 2013 - Parole in rima, metafore e doppi sensi. Il tutto magistralmente inquadrato in una struttura metrica. Soggetti, verbi e complementi oggetto che si inseguono su di un beat. Qualcosa di molto simile alla poesia ma lessico e flow fanno del rap una lingua a sé stante, di cui Marracash è gran cerimoniere. Un programma televisivo dedicato al freestyle, tre dischi, le tournée, il progetto “Roccia Music”, persino un paio di snakers concepite e disegnate da lui. Alla vigilia del quarto disco il rapper di Barona riavvolge il nastro per trarre un bilancio della sua carriera artistica.

Dalla Barona al successo, un quartiere che lei stesso ha definito come “un microcosmo di prefabbricati e di predestinati”. Si sente un prescelto?
"Sì ma all’inizio in senso negativo. Chi come me proviene da una casa popolare è un po’ come se insieme alla casa gli venisse assegnato anche un destino, che di solito non è dei più felici. Per anni ho temuto di non avere via d’uscita ma ora sono riuscito a scongiurare questa paura. Mi sento come ‘benedetto’. Probabilmente era scritto”.

Lei scrive testi “dalla strada per la strada”, facendosi interprete delle sue dinamiche. Si sente una sorta di cantastorie moderno?
"No ma nel percorso che questa musica ha fatto in Italia hanno paragonato noi rapper a un sacco di cose, spesso ai cantautori. Io trovo che la cosa più simile a quello che facciamo sia la poesia nel senso che per noi rapper lo studio della metrica e del tempo è fondamentale. Spesso si dimentica che le sillabe devono sempre essere un certo numero e bisogna seguire uno schema metrico che ci si autoimpone nella stesura del testo. Dunque il rap è decisamente più affine alla poesia che al cantautorato vero e proprio dove invece c’è una melodia molto forte che spesso soverchia la tecnica”.

Negli anni ha collaborato con diversi artisti ma ormai la scena rap è piuttosto affollata in Italia. Tra lei e i suoi colleghi scorre buon sangue?
"In questo settore c’è grande competitività. E a dire il vero non tutto ciò che ascolto mi piace. Oggi molti artisti vengono ascritti nella ‘categoria hip hop’ ma io non sento di fare la stessa musica con tutti. Il mio rapporto con questo universo è un po’ di amore-odio. Ultimamente ho smesso di pensare alla mia carriera come parte integrante di una scena, preferisco pensare a me semplicemente come a un artista, al di là di come vada o non vada il genere hip hop in Italia".

Eppure lei è promotore del progetto “Roccia Music”, qualcosa più di un’etichetta discografica, una sorta di laboratorio artistico che raduna talenti rap e giovani promesse come una grande famiglia…
"L’idea è nata dalla voglia di promuovere la musica che amo senza troppe velleità imprenditoriali, almeno in un primo momento. Per me 'Roccia Music' è stata come benzina sul fuoco, uno nuovo stimolo per cercare di fere sempre meglio e dare un contributo a questa ‘faccenda’ chiamata hip hop”.

Attraverso i social network ha da poco annunciato l’arrivo di un nuovo album che si chiamerà “Status”. Quando uscirà il disco?
“Uscirà nel 2014 ma non abbiamo ancora annunciato una vera data e nemmeno un periodo. Sto cercando di confezionare il miglior disco possibile, spingendomi un po’ più in là del solito. Voglio lavorare al meglio. Senza pressioni”.

Musica e tv, ora si è sei cimentato nel design. Com’è nata l’idea di confezionare un paio di sneakers personalizzate?

"Sono da sempre un grandissimo appassionato di sneakers, fin da ragazzo quando ho cominciato a potermele permettere. Averne un paio con i miei colori, i materiali scelti da me e dettagli inerenti al mio nuovo album è una cosa pazzesca. E con la Future Trinomic Slipstream Lit si rinnova il mio sodalizio con Puma e lo stile 'ghetto chic'”.

di Francesca Nera
francesca.nera@ilgiorno.net