Milano, 18 novembre 2013 - I suoi tempi d’oro sono passati da un pezzo. Il 7 novembre 1942 Fausto Coppi realizzò il suo record dell’ora proprio su quella pista. Il 24 giugno del 1965 i Beatles suonarono per la prima davanti al pubblico italiano proprio in quell’impianto. Il velodromo Vigorelli, allora, era una delle strutture sportive più importanti di Milano, per non dire d’Italia. Lì si teneva la mitica Sei giorni di ciclismo su pista, lì suonavano i più importanti gruppi rock. Altri tempi.

Ora il Vigorelli ospita partite di football americano e di rugby. Stop. La rinascita del velodromo tarda ad arrivare. Se ne parla da anni, almeno 15. Il 2013 sembrava l’anno buono. Ma niente da fare. Lo scontro tra il Comune (proprietario dell’impianto) e la direzione regionale ai Beni culturali e paesaggistici che fa capo al ministro Massimo Bray ha bloccato tutto. Il nodo da sciogliere? La pista di ciclismo da 400 metri. Il progetto del Comune, uscito fuori da un concorso internazionale di idee, punta a eliminare la pista e a sostituirla, all’occorrenza, con un percorso smontabile. La Sovrintendenza ai Beni culturali, invece, ha posto un vincolo. In pratica, uno stop al progetto.

Il dialogo tra i due enti pubblici è in corso. Ma la giunta di Palazzo Marino, lo scorso 13 novembre, ha deciso di fare ricorso al Tar contro il vincolo fissato dalla Sovrintendenza. Le posizioni restano distinte e distanti. Il vicesindaco con delega all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris e la direttrice regionale ai Beni culturali Caterina Bon Valsassina si sono viste anche di recente. Entro metà dicembre il Comune intende presentare una proposta per uscire dall’impasse. Una sorta di ‘piano B’ per riuscire a far sì che il Vigorelli possa essere utilizzato di più e meglio in tempi brevi. In attesa del pronunciamento del Tar sul vincolo relativo alla pista. Le due strade — piano B e ricorso al tribunale amministrativo — viaggiano in parallelo, sottolineano a Palazzo Marino.

A Milano, intanto, il dibattito pubblico sul futuro della vecchia pista, ormai neanche più omologata per gare ufficiali, è aperto. Le associazioni di amanti del ciclismo, un po’ romanticamente, difendono la pista delle imprese di Coppi e Maspes. Un’altra parte della città, forse maggioritaria, giudica invece positivamente il progetto di restyling.

Il progetto, presentato lo scorso 19 aprile e firmato da un gruppo di architetti guidato da Vittorio Grassi, punta a rendere il velodromo un impianto polifunzionale, simile a quelli già realizzati a Parigi-Bercy, Brema e Rotterdam. Una struttura che possa ospitare ciclismo, calcio, football americano, rugby, tennis, basket, sport invernali. Previsti la riduzione della capienza da 8mila a 5.570 posti, il rifacimento della copertura, la presenza di un’Accademia dello sport con tanto di foresteria (18 stanze doppie) e negozi.

Una riqualificazione totale che sarebbe finanziata dai 18 milioni di euro degli oneri di urbanizzazione che spettano al Comune per il progetto CityLife, il nuovo quartiere con tre maxi-grattacieli che sta sorgendo nell’area dove fino a qualche anno fa c’era la Fiera campionaria. Insomma, progetto pronto, soldi stanziati. Ma tutto congelato. Una situazione che ha fatto dire al presidente del Coni Giovanni Malagò: «Se salta il progetto lasciamo il Vigorelli come un monumento e quei soldi non si sa dove vanno a finire. Questo mi terrorizza. È una cosa insensata, vista la carenza di impianti sportivi a Milano».

di Massimiliano Mingioia