Milano, 11 novembre 2013 - Non si ferma la rivolta di via Corelli. In poco più di 60 giorni, siamo arrivati a quota 5 incendi nel Centro di identificazione ed espulsione a due passi dall’aeroporto di Linate. Ieri pomeriggio è andato in scena il solito copione: alcuni ospiti della struttura (quasi al completo) hanno dato fuoco a lenzuola, asciugamani e materassi (peraltro ignifughi) del settore D; per fortuna, i vigili del fuoco sono riusciti a domare il rogo in pochi minuti, mettendo in salvo, con l’aiuto degli agenti di polizia, gli immigrati che si trovavano all’interno di quell’area del Cie.

Il fumo sprigionato dalle fiamme ha saturato pure i settori C ed E, rendendoli «igienicamente inagibili»: muri anneriti, servirà un’imbiancatura per renderli di nuovo abitabili.

Nel frattempo, tutti gli inquilini di quella zona (una settantina in tutto) verranno immediatamente trasferiti in altri centri della Penisola, a seconda delle capacità ricettive. Tutti a eccezione di quelli che verranno incastrati dalle riprese delle telecamere interne di sorveglianza come autori materiali dell’incendio: gli investigatori stanno passando al setaccio i fotogrammi registrati dagli occhi elettronici per individuare i colpevoli.

Resta comunque l’emergenza: al momento, quattro dei cinque settori (da 28 posti ciascuno) sono inagibili, anche a causa dei precedenti episodi di danneggiamento. Concentrati tra il 7 e il 29 settembre scorsi, quando gli immigrati (9 arrestati) hanno dato alle fiamme per 4 volte il Cie. Prima la distruzione dei settori B e C, poi è toccato al settore A, infine altre due stanze devastate. In poche parole, è andato letteralmente in fumo il restyling della struttura terminato un mese prima.

Sui blog dell’area antagonista sono subito spuntati commenti entusiastici: «Il Ministero dell’Interno non ha fatto i conti con i reclusi...». Oggi, alla luce dell’ennesimo incendio, qualcuno tira in ballo il caso di Gradisca d’Isonzo, svuotato completamente cinque giorni fa proprio in seguito a una lunga serie di roghi che ne hanno di fatto azzerato l’agibilità.

Via Corelli come Gradisca? Il parallelo ci può stare, anche se dalla Prefettura tengono a precisare che i lavori non si fermeranno: a brevissimo verrà (ri)fatta la stima dei danni, poi si provvederà a reperire i fondi per (ri)mettere in sicurezza i locali. Insomma, il messaggio di corso Monforte è chiarissimo: il Cie di Milano non chiuderà.

Certo che la situazione rimane complicata anziché no, anche perché l’assenza di ospiti fa calare gli introiti per i gestori: con circa 60 euro al giorno a persona, si calcolano 50 mila euro in meno al mese per ogni sezione chiusa. Come se non bastasse, il contratto è scaduto. C’è da rinnovarlo: il primo bando abbassava a tal punto i costi pro capite (dimezzamento a 30 euro) che i responsabili della Croce Rossa (che ha attualmente in carico la struttura) hanno ritenuto di presentare un’offerta superiore alla base d’asta; l’altro concorrente, il Consorzio Oasi di Siracusa, che ha proposto 29 euro, è stato ritenuto poco credibile in virtù di problemi di bilancio e dei disservizi evidenziati nelle gestioni passate dei Cie di Modena e Bologna. Risultato? Nuovo bando con scadenza 22 novembre: stavolta la cifra a persona è stata alzata a 40 euro.
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