Milano, 10 novembre 2013 - «Cos’ha da lamentarsi? Lui vive a Galbiate, non rompa le scatole...». Teo Teocoli punzecchia anziché no l’amico Adriano Celentano, che due giorni fa ha bocciato la proposta di vincolo paesaggistico su via Gluck avanzata dal Comune: «Questo lo si poteva fare una volta — lo sfogo del Molleggiato — quando tutta Milano era un bene da tutelare, per non dire l’Italia intera. Ma oggi no». «Come al solito — replica l’attore — ha calcato troppo la mano con la sua visione catastrofica del mondo...».

Ha esagerato?
«Milano non è così male: non sarà più quella degli anni Sessanta, ma credo non abbia mai perso la sua vocazione di città a misura di persona. Non diventerà mai una megalopoli da 10 milioni di abitanti: è piuttosto conservatrice».

Quindi, lei è d’accordo con l’idea di Palazzo Marino?
«Non mi pare una cattiva idea quella di salvaguardare un pezzo di strada che ricorda la Milano di una volta».

Ma Celentano dice che ormai via Gluck è diventata brutta.
«Ci sono passato qualche anno fa e non mi è sembrata molto cambiata. Sì, non c’è più il tabaccaio, ma le case di ringhiera ci sono ancora, anche al civico 14. E poi, cosa vuole Celentano? Anche il quartiere Niguarda è cambiato: e allora?».

Lei è cresciuto a Niguarda.
«Sì, abitavo dalle parti di via Adriatico. Ricordo che allora facevano la trebbiatura a poche decine di metri dalle case: era tutta campagna tra Milano e Bresso, noi ragazzi ci divertivamo come pazzi. C’era la corsa al tram...».

Cioè?
«Ci attaccavamo al tram che faceva il giro a Niguarda per tornare indietro: il conducente e il controllore scendevano a far pipì e noi davamo l’assalto alla diligenza. Poi i due facevano finta di tirarci dei sassi e noi battevamo in ritirata».

Bei tempi andati.
«Eh sì, ma è quasi inevitabile: la Milano di oggi non può essere certo quella di allora, ma non è necessariamente un male. Certo, Adriano e io abbiamo avuto modo di vedere negli anni tutti i cantieri del metrò, con strade sventrate, scavate, bucate. Però i milanesi ci hanno anche guadagnato, anzi siamo arrivati in ritardo rispetto alle altri capitali europee».

Inutile lamentarsi, quindi?
«Io mi lamenterei più per la mancanza di aree verdi che per i cambiamenti in via Gluck: costruiscono grattacieli e si dimenticano degli alberi. Qualche anno fa, firmai un appello per salvare le piante secolari del bosco di Gioia: tutto inutile, alla fine ci costruirono sopra la nuova sede della Regione Lombardia».

Allora sta con Celentano?
«No, perché lui pensa solo al suo orticello: lui scrive, scrive, ma di gesti concreti non ne vedo tanti. Di cosa si lamenta? Lui vive a Galbiate (in una villa nel Lecchese, ndr)...».

Ma via Gluck è la via di Celentano, o no?
«Ci è cresciuto, per carità, ma credo sia troppo legato alla sua immagine di bambino che gioca libero nei campi. Anch’io ci sono affezionato, ma capisco pure che si tratta di ricordi. “Non lasciano l’erba”, canta lui. Lo so che non lasciano l’erba, Adriano. Ma cosa ci vuoi fare? Dai, non rompere troppo le scatole...».
Tra vecchi amici ci può stare. E giù una risata.

di Nicola Palma
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