Milano, 3 novembre 2013 - La considera la sua città d’adozione. Milanese per elezione, romana come lo Stato dei funzionari «schiera nobilissima», come lei stessa ha detto. Annamaria Cancellieri, è un ministro, discusso in queste ore per la bufera scatenata dalle intercettazioni con la famiglia Ligresti, finita nel mirino della magistratura torinese, ma è soprattutto un prefetto. E i suoi primi passi, in una carriera lunga che l’ha portata prima alla guida del Viminale, con Monti, poi alla poltrona di Guardasigilli, parte prima di tutto dalla Milano di 41 anni fa. Era il 1972, quando vince il concorso per entrare alle dipendenze del ministero.

Finisce a Milano, con in tasca una tessera da giornalista pubblicista, che le varrà, in corso Monforte, la nomina ad addetta stampa dei prefetti. È in questo periodo che si docmunentano i primi contatti coi Ligresti, con il primo scandalo che risale al 1986. E all’imprenditore rampante finito nei guai l’amica presta ascolto. Ma sono anche anni difficili. «Quando lavoravo alla prefettura di Milano tenevo i rapporti con le famiglie delle vittime del terrorismo, da Calabresi in poi, e so di quel che parlo», raccontò tre anni fa. «Ho lavorato con prefetti coraggiosi, come Libero Mazza, che lanciò l’allarme sul terrorismo rosso».

Ma la funzionaria Cancellieri ha prestato servizio sotto la Madonnina anche dopo il 1980, prima di spiccare il volo, nel ’93, passando da Bergamo e Brescia. «Ho lavorato con Vincenzo Vicari, che fronteggiò gli anni di piombo in questa città», ha ricordato. Esempi e memorie che all’allora commis di Corso Monforte servono sempre a ricordare che lo Stato non è arrendevolezza, permeabilità a tutto. «Lo Stato non è una ricotta, ha una spina dorsale forte che non sempre si vede dall’esterno, ma che al momento giusto viene fuori».