Milano, 24 ottobre 2013 - “Perché dovrei smettere di far ridere?”. Già, perché Zuzzurro. Alla faccia di tutti e di tutto. Anche di quella brutta tosse che lo scorso anno proprio non ne voleva sapere di andarsene. E di quelle analisi che non fanno ridere per niente. Carcinoma al polmone. Pure aggressivo, come se si sentisse la mancanza di un aggettivo. Ma figurarsi se un commissario cede il passo a queste cose. Già, il Commissario Zuzzurro.

Quasi un alter ego di Andrea Brambilla, che con quel nome non puoi che nascere a Varese. O giù lì. La maschera del clown lasciata ogni sera sul palco per cedere il posto a un uomo pacato. Tutto d’un pezzo, avrebbero detto una volta. Con quell’educazione non affettata che lascia sempre un po’ sorpresi nelle interviste. Classe 1946, ci mette un po’ per decidersi a fare l’attore. Chissà in famiglia. E nel 1976 arriva il debutto al Derby di Milano, in coppia, insieme all’amico Nino Formicola in arte Gaspare.

La spalla ideale per sketch stralunati, in bilico fra raffinatezza e demenzialità. È un attimo. E qualcuno si accorge di loro. Arrivano in Rai per “Non stop”, “La sberla”, “Domenica in”. Poi Antenna 3, come autori e presentatori. È lì la svolta, il tormentone: “ce l'ho qui la brioche!”. Urlato con quella dizione meravigliosamente imperfetta. Volgarotto, certo. Ma buca il piccolo schermo. E arriva Drive in. Sono gli anni d’oro. Eppure… Eppure i due mollano presto per tornare al teatro. E piace ricordarli nella commedia di Neil Simon “Andy e Norman”, prima di tornare al successo in tv nel 1989 con “Emilio”.

Ma il cabaret cambia gusti velocemente, la tv è una pianta carnivora. Difficile rimanere sulla cresta. E quello che faceva ridere improvvisamente pare un poco fuori moda, invecchiare male. A distanza di tempo lo si può guardare come una fortuna. Perché Andrea Brambilla e Nino Formicola hanno la possibilità di concentrarsi sul loro grande amore: il teatro. Che lì il pubblico non tradisce, la qualità mica te la puoi inventare. Arrivano così le tante commedie di stampo anglosassone, quei carillon brillanti che paiono fatti apposta per due talenti che si trovano a memoria.

E che non si mollano mai, come i matrimoni più belli. Nella buona e nella cattiva sorte. Nel record di tenitura (oltre tre mesi) stabilito nel 1998 al Nazionale con “Rumori fuori scena”. In quell’incidente del 9 gennaio 2002, quando Andrea esce vivo per miracolo da un gravissimo incidente stradale. È solo una pausa. Che poi si ricomincia. Sui palcoscenici, i sipari da aprire, lo scalpiccio degli spettatori che prendono posto in platea. Che Brambilla è un attore, mica un cabarettista. Fino a oggi. Eppure lui ci aveva pure provato. “Perché dovrei smettere di far ridere?”.

Già, perché Zuzzurro. Che la passione non ha date di scadenza, ti fa alzare la mattina anche quando tutto va storto. E così a metà ottobre erano in tanti ad aspettarlo al Leonardo per il debutto di “Non c'è più il futuro di una volta 2.0”, un mese di repliche in cartellone, un inno alla vita. Uno sberleffo. Ma la stanchezza questa volta era davvero troppa. Addio Commissario.