Milano, 16 settembre 2013 - Qualcuno già si chiede: «Ma ve lo immaginate il Cavaliere a contatto col pubblico?». Non servono che pochi secondi di (superflua) riflessione per darsi una risposta: «Si bloccherebbero i reparti». Gli addetti ai lavori in via Olgettina bollano come fantasiosa l’ipotesi che vorrebbe Silvio Berlusconi, condannato per frode fiscale, ai servizi sociali al San Raffaele. Per carità, il legame tra l’ex premier e la struttura assistenziale è di antichissima data.

Risale addirittura ai tempi in cui il fondatore don Luigi Maria Verzé pose la prima pietra del centro clinico che sorge al confine tra Milano e Segrate. Proprio a un passo dai terreni sui quali l’imprenditore rampante iniziò a costruire la sua fortuna. Un filo mai spezzato in quarant’anni. Quando il leader del Pdl ha avuto bisogno di ricorrere a cure mediche, si è sempre fidato del Monte Tabor.

Tanto per dire, il suo medico personale è Alberto Zangrillo, direttore dell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione nonché prorettore dell’Università Vita-Salute. Non più tardi di qualche mese fa, è stato invece il primario di Oculistica, Francesco Bandello, a occuparsi della fastidiosa uveite bilaterale che ha colpito il Cav. Certo, da qui a dire che Berlusconi sceglierà via Olgettina (ammesso che un ospedale privato possa essere inserito tra le mete possibili) per trascorrere il residuo anno di condanna in affidamento ai servizi sociali (sempre che non opti per i domiciliari) ce ne passa.

Anche perché la finalità stessa della pena alternativa presuppone l’assistenza diretta ai pazienti ricoverati: «Non è praticabile — ragionano nei corridoi dell’ospedale — si scatenerebbe il caos praticamente ogni giorno». In molti sono spaventati pure dall’assai probabile invasione di telecamere a caccia del Berlusconi infermiere. In effetti, non sarebbe il massimo. E neppure si può pensare di chiudere il Cav in un ufficio a sbrigare pratiche burocratiche: «Non avrebbe senso».

Meglio vagliare le alternative: si è parlato spesso della comunità Incontro dell’amico don Pierino Gelmini, meta però sconsigliata per via dei guai giudiziari dell’ex sacerdote. E allora? Resta il Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi, ma sta a Roma. Si vocifera persino di una casa di riposo a Mortara, in provincia di Pavia, la struttura «Antonio Dellaca» diretta in passato dalla zia di Berlusconi, Bice poi diventata suor Silviana. Era lei, fino agli anni Novanta, a consigliare nei momenti difficili il nipote prediletto: ci fosse ancora, saprebbe certamente cosa dire a Silvio.

N.P.