Milano, 24 agosto 2013 - «Urge procrastinare». Il motto reso celebre dall’aneddotica di Mino Martinazzoli è finito col diventare il faro dell’amministrazione comunale guidata da Giuliano Pisapia ogni qual volta, in questi primi due anni di mandato, si ponesse la questione della regolarizzazione del Leoncavallo. «Domani sì, adesso no», potremmo dire scendendo nel pop.

La delibera che consentirà la già annunciata messa in regola del centro sociale più noto e di più lunga tradizione in Italia è infatti pronta già da metà ottobre 2012. L’accordo coi fratelli Cabassi risale a qualche mese prima: fine maggio. E prevede che gli immobiliaristi lascino al Comune i capannoni di via Watteau, attualmente occupati dal Leoncavallo, per ricevere in cambio il complesso delle ex scuole Mazzini, racchiuso tra le vie Zama, Berlese e Salomone. Ma non solo. Ai Cabassi potrebbero finire pure gli alloggi di via Trivulzio, proprio di fronte al Pio Albergo, che il Comune rilevò negli anni ’90 dalla società Prianto senza però mai utilizzarli.

Ancora oggi quegli alloggi, 6 in tutto ma di media taglia, sono completamente da ristrutturare. Una volta entrato in possesso dei capannoni di via Watteau, Palazzo Marino farà pagare un affitto al Leoncavallo chiudendo così una storia di abusivismo e polemiche iniziata il 9 settembre del 1994. Questo il piano. Che ne ha impedito il varo, finora? Il timore della maggioranza che non fosse mai il momento opportuno per proporlo alla città.


L’inverno scorso è stato infatti scandito dai chiari di Luna della politica regionale e nazionale, fino all’azzeramento della Giunta Formigoni, deciso proprio nella seconda metà di ottobre, e alle dimissioni di Monti da presidente del Consiglio, presentate il 21 dicembre 2012. La delibera sul Leonka fu allora stoppata per via della campagna elettorale. Ricordate? «La Lombardia come l’Ohio».

Nella maggioranza di centrosinistra prevalse la considerazione che l’eventuale messa in regola dello storico centro sociale avrebbe fornito al centrodestra slogan facili ad uso e consumo proprio della doppia campagna per Palazzo Lombardia e Palazzo Chigi. Quegli slogan che pure Pisapia, durante le comunali, era riuscito a girare a suo vantaggio tramite l’unione letale (per il centrodestra) di ironia e social network. Passate le elezioni di febbraio sembrava essere giunta l’ora della madre di tutte le regolarizzazioni. Ma fu Stefano Boeri a mettersi di mezzo, senza volerlo.

A marzo, come si ricorderà, si aprì la seconda grande crisi tra l’assessore e il sindaco, culminata col siluramento dell’Archistar. Di polemiche ce n’erano a sufficienza: meglio evitare, di nuovo, quelle, scontate, su un Leoncavallo in doppiopetto. Quindi la partita del Bilancio «impossibile» e dei tavoli col Governo. Una ovvia priorità approvare la manovra. Ma in aula sarà dura. Meglio evitare, stavolta, di galvanizzare l’opposizione con la pillola-Leonka. «Domani sì, adesso no»? «La regolarizzazione avverrà in tempi ragionevoli» ha fatto sapere il sindaco Giuliano Pisapia a Ferragosto. Ma in via Watteau la pazienza sembra essere finita.

giambattista.anastasio@ilgiorno.net