MIlano, 31 luglio 2013 - Avrebbe voluto vestire ancora una volta i panni dell’hit-maker, del SuperRobbie ammazza-classifiche, ma alla fine Williams con l’album “Take the crown” è riuscito a centrare l’obiettivo solo a metà. L’idea di riprendersi la corona del pop fatta rotolare nel fango da un paio di dischi sciagurati e tornare quello che era sette anni fa è rimandata, intanto però l’idolo di Stoke-on-Trent si riprende gli stadi e lo fa con un favore di pubblico in controtendenza rispetto alle vendite del cd, buone sì ma al di sotto delle aspettative. Soprattutto sue. Così stasera a San Siro non ci sarà il pienone del Close Encounters Tour elettrizzato sette anni fa dal trionfo azzurro ai Mondiali di Calcio, né quello del 2011 per la clamorosa reunion dei Take That, ma spalti comunque gremiti a conferma della credibilità artistica che l’angelo scapestrato del video di “Candy” s’è conquistato a forza di tournée, ospitate televisive, e primi posti in hit-parade.

Ha un bel lamentarsi Liam Gallagher sulle pagine dei giornali dell’irriconoscenza di un successo che oggi lo confina in sale da 1.500 posti mentre continua a regalare a Robbie e al suo Take The Crown Tour il caldo afflato degli stadi. Il «fottuto idiota sovrappeso», altra amichevole definizione dell’ex fratello terribile, è ancora una popstar a tutto tondo mentre la favola degli Oasis («i nuovi Beatles» secondo gli entusiasti della prima ora) dopo le note traversie familiari s’è liquefatta come un cremino a Ferragosto. E a Williams non sembra vero il poter spargere un po’ di sale sulle macerie. «Le interviste di Liam? Meglio della sua musica».

Si sa, il pop inglese è una cosa, il bon ton un’altra. «All’inizio del 1990 un signore di Worsley, Manchester, ebbe l’idea di creare una boy band che avrebbe dovuto diventare “popolare come i New Kids On the Block”... quel signore si chiamava Nigel Martyn-Smith, la band i Take That», ridacchia oggi l’eroe di “Feel”, classe 1974, ripercorrendo il suo primo quarto di secolo passato a surfare sull’onda del successo senza nascondersi qualche dubbio per il futuro. «Come fa uno della mia generazione a vedersela con Tailor Swift o Rihanna? È una partita persa in partenza anche per un guerriero come me, meglio andarsene in tour prima che i quarant’anni ti confininino tra le vecchie glorie». Sull’impresa a San Siro nel 2006 il giudizio è netto: «il più bel concerto della mia vita». Certo, anche nei templi del football le nuove canzoni prodotte da Jacknife Lee non tengono il passo delle vecchie, ma ci pensa Robbie, con la sua strafottenza contagiosa, a impugnare le redini dello show: «Trovatemi un altro entertainer capace di stare sul palco come ci sto io e poi ne riparliamo».