di Nicola Palma

Milano, 20 giugno 2013 - Dieci secondi. O poco meno. «Se avesse aspettato solo un attimo, quell’uomo non mi avrebbe mai aggredita». E invece no. Purtroppo è un’altra la storia che racconta G.T., avvocato di 38 anni. «Il tassista è andato via senza nemmeno sbirciare nello specchietto retrovisore — si sfoga — non ha atteso che mi infilassi in casa». Certo non poteva sapere che di lì a pochissimo si sarebbe materializzato dall’ombra un rapinatore, ma sarebbe buona norma — nonché esplicitamente previsto dal codice etico della cooperativa di cui è socio — accertarsi che una donna sia al sicuro nell’androne del suo palazzo.

Mercoledì 12 giugno, sono da poco passate le 2: G. compone lo 028585 dal telefono del suo ufficio in centro e prenota una corsa. Qualche minuto dopo, ecco il Radiotaxi: «Dove la porto?». «Zona Stazione Centrale». Si parte. «Tra gli accorgimenti per ridurre al minimo i rischi per la mia sicurezza — spiega — includo ovviamente l’utilizzo del taxi dopo una certa ora». Giunti a destinazione, la macchina si ferma: «Nel preparare i soldi per la corsa e le chiavi di casa — prosegue — non avevo potuto notare, e sinceramente mi auguro che non lo avesse notato neanche il tassista, che un extracomunitario stava camminando sul marciapiedi e fosse lì a pochi metri». G. lo vede arrivare, l’auto è già lontana. In quattro passi il balordo le è addosso. Lei prova a sbattergli la porta in faccia, lui si frappone col corpo e riesce a entrare: «Fosse stato due-tre metri più indietro ce l’avrei fatta».

Ancora una volta, le sliding doors di quella notte da incubo scrivono un copione più inquietante. «Sono stata scaraventata a terra e presa a calci: fortunatamente, ho capito sin da subito che il suo unico obiettivo era la borsa». Pare desistere in un primo momento, forse spaventato dalla resistenza opposta da G. e dalle urla che rimbombano nella tromba delle scale. La donna riesce a divincolarsi, ma non è in salvo. Il malvivente si gira, la rincorre e la picchia ancora, con più veemenza: «Ogni tentativo di reazione è stato vano: non so quanto sia durato, ma è stato un incubo».

Immediata la denuncia alla polizia, cui ora spetta il compito di arrestare l’aggressore. Ma G. vuole di più: «Avevo preso il taxi apposta perché non mi succedesse nulla e invece, lasciata da sola in strada, è stato né più né meno come se mi fossi arrischiata a rincasare a piedi di notte». Così ha inviato una lettera al Consiglio d’amministrazione della cooperativa 8585 per chiedere spiegazioni: «Ho chiamato il centralino per avere delucidazioni sul comportamento di quel conducente — spiega G. —. Sa cosa mi hanno risposto? “Ma sono uomini, non ci pensano...”. Beh, se è questo il modo di rapportarsi, non c’è tanto da sperare».

La comunicazione è stata inoltrata per conoscenza al sindaco Giuliano Pisapia e agli assessori alla Sicurezza, Marco Granelli, e alla Mobilità, Pierfrancesco Maran. Letta la missiva, da Palazzo Marino fanno sapere che la questione era già emersa qualche tempo fa in una delle riunioni tra esponenti del Comune e tassisti: nel corso del vertice, i rappresentanti di categoria avevano fatto presente che le norme di autoregolamentazione prevedono già che il conducente di auto bianca aspetti che le clienti, specie di notte, siano entrate in casa prima di ripartire. Vero, anche le norme interne dell’8585 lo prescrivono. «Il problema è rispettarle».

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