Milano, 8 giugno 2013 - Autonomia alla Scala, tutto da rifare. O quasi. Ieri il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso in appello del Ministero dei Beni Culturali, che chiedeva di ribaltare la sentenza del Tar del Lazio che nel dicembre scorso aveva annullato il regolamento sugli enti con i bilanci in regola. Niente da fare: i giudici di Palazzo Spada hanno seguito la linea tracciata sei mesi fa dal Tribunale amministrativo, dando così ragione ai sindacati Cgil e Fials.

Sì, perché a mettere in dubbio la legittimità del provvedimento datato aprile 2012 — del quale hanno beneficiato il Piermarini e l’Accademia Santa Cecilia di Roma — sono state proprio le due sigle sindacali, che lamentano, fra le altre cose, il mancato coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nella stesura della norma che ha rivoluzionato il mondo delle fondazioni lirico-sinfoniche; nel dispositivo, non si fa riferimento alla possibilità data alla dirigenza dei teatri di predisporre accordi ad hoc svincolati dal contratto collettivo nazionale.

Il Mibac non si sbilancia: «Stiamo valutando — la nota dell’ufficio stampa di via del Collegio Romano — le motivazioni che hanno portato alla conferma del giudizio del Tar per poter assumere le decisioni conseguenti, nell’interesse delle importanti istituzioni musicali e dei loro lavoratori». Esulta la Cgil: «La decisione del Consiglio di Stato — commentano il segretario territoriale Slc Giancarlo Albori e il segretario generale della Camera del Lavoro di Milano, Graziano Gorla — dimostra che avevamo ragione nel difendere il sacrosanto diritto dei lavoratori alla contrattazione».

E adesso? Di fatto, il verdetto (che verrà depositato lunedì) rende inefficace qualsiasi atto che il Cda nominato dopo il varo della riforma delibererà da oggi in poi (non avrebbe alcuna tutela legale); da rifare pure lo statuto che ha recepito la riforma. Quindi, le decisioni prese dal board dal giorno dell’insediamento a ieri restano valide, compresi il via libera al bilancio 2012 e la nomina di Alexander Pereira alla sovrintendenza dal 2015. Ora, però, si rischia l’impasse.

Almeno fino a ottobre, quando il Ministero dovrebbe varare la nuova legge sugli enti lirici. Due le strade percorribili: una è proprio quella di attendere l’autunno, anche perché, il ragionamento che si fa a Roma, tutto ciò che c’era da fare nel 2013 è stato fatto nelle scorse settimane. L’alternativa, molto più probabile, è quella di un commissariamento-lampo per rifare lo statuto sulla base della vecchia normativa (pre-decreto Bondi) e rinominare il Consiglio d’amministrazione. Pare che il Governo sia propenso a scegliere la seconda ipotesi: il ministro Massimo Bray si è preso il finesettimana per studiare la situazione in maniera approfondita.

nicola.palma@ilgiorno.net