Milano, 3 giugno 2013 - Cappellino texano di rigore, adrenalina pompatissima e ugole allenate per reggere una maratona da brivido: tutto il sacro e il profano del rock sul palco più elettrizzante d’Italia, se non dell’Europa intera. Erano in 60mila, questa sera al Meazza, per il concerto evento di Bruce Springsteen, il re, anzi il Boss: lo storico epiteto che ha fatto la storia di questo signore di 63 annni che indossa con miracolosa, si può dire, disinvoltura l’energia, la voce e la grinta spiazzante e inesauribile di un giovanotto. Una meraviglia per le orecchie e per gli occhi vederlo esibirsi insieme alla sua inseparabile Street Band, per una notte da «tutto esaurito», come meritano le grandi star.

Sul palco: eleganza da duro, stile da fuoriclasse e colpo d’anca da ventenne per un repertorio che ha mandato in visibilio l’onda umana ai sui piedi. Ben più che un concerto: quello di ieri è stato un omaggio, o meglio un regalo. A Milano e a San Siro, ventotto anni dopo la prima volta nello stadio meneghino: correva l’anno 1985 e per il gladiatore del New Jersey fu subito amore. Così il Boss non si è risparmiato: ha fatto rivivere le emozioni più belle regalando tutto il mitico album «Born in the Usa». Una liturgia. E poi i classiconi. Atlantic City, Dancing in the dark, Wrecking Ball, Sunny Day che ha fatto ballare proprio tutti: si dimenava perfino la tribuna stampa. Delirio e goduria per il pubblico. Che lui ha salutato così: «Milano sempre speciale», mentre lanciava l’ennesima perla, «The river», accompagnato dall’armonica. Minuti di pura poesia. E del resto lo ha detto anche il Boss: «Con la mia musica cerco di catturare quello che la gente si porta veramente nel cuore». Oggi, ancora una volta, ci è riuscito.

di Mauro Cerri e Agnese Pini