di Andrea Spinelli

Milano, 2 giugno 2013 - Nonostante l’allure da gladiatore degli stadi che si tira dietro da trent’anni, non sarà agevole per Springsteen ripetere a San Siro le gesta della scorsa estate e di quella incredibile maratona suggellata tra i ruvidi accordi di una Twist and shout contaminata dal sabor latino de La bamba mentre gli spalti vibravano come per un sisma ad alta magnitudo. Ma lui è la rockstar dei miracoli, nonostante i 63 anni la più tellurica in circolazione, e non c’è palcoscenico in Italia, anzi forse in Europa, che l’elettrizzi quanto quello del Meazza.

Quando nell’85 arrivò per la prima volta con la sua E-Street Band era il ragazzo nato per correre, quello di Born in the Usa, pronto a deflagrare pure di qua dall’oceano con i suoi show chilometrici infiammati dal sacro fuoco di una passione senza eguali, poi tornò nel 2003 con The rising in una notte gonfia di pioggia, e quello show inzuppato fino al midollo gli è rimasto dentro al punto da considerarlo tra i dieci migliori della sua lunga e irrefrenabile carriera. Nel 2008 Springsteen si ripresentò con Magic, finendo pure in tribunale a causa dei venti minuti di sforamento dell’orario imposto dal Comune per non turbare il sonno degli abitanti di San Siro, un incidente seppellito a modo suo lo scorso anno con quelle torrenziali 3 ore e 40 minuti di maratona che rappresentano per durata il quarto show della sua carriera (il primo è quello tenuto, sempre la scorsa estate, all’Olympiastadion di Helsinki: 4 ore e 6 minuti).

Sul palco Bruce diventa più ambizioso di Tony Soprano” va ripetendo uno che conosce bene entrambi quale il “blood brotherSteve Van Zandt, impegnato da anni ad alternare i panni di chitarrista della E-Street Band a quelli di Silvio Dante sul set del celebre serial HBO legato alle vicende della famiglia mafiosa più televisiva d’America. E se lo dice un “fratello di sangue” non puoi che fidarti.

Intanto bruce continua a riempire uno stadio dopo l’altro scrivendo di proprio pugno nei camerini scalette poi puntualmente disattese in scena a causa delle urgenze del momento, delle richieste del pubblico, della voglia di darsi fino all’ultima stilla di sudore, senza per questo abbandonare del tutto un copione che lo porta a cantare Waitin’ On A Sunny Day con un piccolo fan scovato (non proprio casualmente) tra il pubblico, a ballare Dancing in the Dark con una ragazza delle prime file.

“Nelle mie canzoni non faccio troppe distinzioni tra politica e spiritualità perché penso che facciano parte tutte e due della vita” spiega. “Con la mia musica, infatti, cerco di catturare quello che la gente si porta veramente nel cuore”. Ed è proprio in questo senso di comunità che sta la forza selvaggia del Boss, il segreto della sua straordinaria capacità a calare i dieci o centomila “cuori affamati” che ha davanti nel clima informale di una session con gli amici nel garage o nel salotto di casa. Un motivo in più, per presentarsi al Meazza con un certo anticipo: in diverse tappe del tour, infatti, Springsteen è comparso in scena già a metà pomeriggio per ingannare l’attesa dei fans con un paio di brani voce e chitarra. Quindi, chi non volesse perdersi proprio nulla di questa sua rentrée milanese, è bene che trovi posto prima delle 18.