Milano, 26 maggio 2013 - Dino Meneghin è una furia. Non lo tieni, è immarcabile come ai tempi del parquet: «La storia del Pala AJ è l’ennesima vergogna italiana: non si riesce mai a realizzare un’opera pubblica senza che la politica ci metta il becco». Proprio lui, leader dell’Olimpia Milano anni ’80 che ha segnato un’epoca della pallacanestro europea, aveva dato il via simbolico ai lavori di ristrutturazione dello storico impianto di piazza Stuparich, prendendo a picconate la prima fila della tribuna.

Era il 12 aprile 2011. Il cronoprogramma parlava chiaro: due mesi per demolire il palazzetto e altri 200 giorni per farne un centro polifunzionale, con più posti a sedere (da 3.500 a 5.420) e palestre all’avanguardia. Risultato? Per ora solo macerie. Dopo l’amianto, ritrovato durante le opere di demolizione, adesso il nodo riguarda il contratto sottoscritto dalla vecchia amministrazione Moratti e dal patron dell’AJ, lo stilista Giorgio Armani: «Una schifezza — l’ha letteralmente definito l’assessore allo Sport, Chiara Bisconti — è troppo sbilanciato a favore del privato, bisogna modificarlo». Già aperto un tavolo con la controparte.

Dino Meneghin, allora?
«Cosa vuole che le dica? Siamo alle solite, non riesco a crederci».
 

A cosa?
«Al fatto che il PalaLido sia ancora un cumulo di macerie, è una vergogna. Quanto tempo dovremo aspettare prima di rivederlo in piedi? Possibile che in Italia non si riesca mai a finire in tempo un’opera pubblica?».
A chi pone queste domande?
«All’amministrazione Pisapia: pensavo che qualcosa fosse cambiato, invece mi hanno profondamente deluso. Mi chiedo: che motivo c’era di tirare fuori proprio adesso questa storia del contratto?».
 

L’assessore Chiara Bisconti sostiene che i termini dell’accordo sono troppo favorevoli per Armani.
«Non si può rimettere in discussione un contratto già firmato, non è serio: bisogna semplicemente rispettarlo e portare a termine i lavori. E non è tutto».
 

Cioè?
«Voglio dire: per una volta che un grande imprenditore è disposto a mettere soldi per creare un impianto polifunzionale per l’intera città, si deve per forza mettergli i bastoni tra le ruote. Non capisco, davvero: mi sembra proprio un’assurdità».


Senza contare il valore simbolico del PalaLido per i tifosi.
«Quello è solo uno dei tanti motivi per ricostruirlo. Ma è più importante regalare a Milano un centro che possa ospitare convegni e altri eventi. E soprattutto far partire un’opera che garantirebbe tanti posti di lavoro. Mi sembra il minimo in un momento di crisi economica come questo, o no?».
 

Certo.
«Bene, mi stupisco che non lo capiscano i politici. E poi mi parlano pure di Olimpiadi a Milano: con quali impianti?».


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