di Nicola Palma

Milano, 17 maggio 2013 - Ormai pare una tendenza consolidata. Se due indizi fanno una prova, allora vuol dire che la linea del Tar sugli striscioni a San Siro è piuttosto chiara: si può scrivere più o meno ciò che si vuole, senza temere conseguenze. Almeno questo sembra emergere dai verdetti emessi dal Tribunale amministrativo nelle ultime tre settimane. Col primo, datato 26 aprile 2013, i giudici avevano revocato tre divieti di accesso alle manifestazioni sportive (Daspo) inflitti dalla Questura ad altrettanti ultras nerazzurri rei di aver inneggiato, nel corso di Inter-Palermo, a Pietro Arcidiacono, il calciatore della Nuova Cosenza che si è schierato dalla parte di Antonino Speziale, condannato in via definitiva per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore di polizia Filippo Raciti.

Qualche giorno fa, la seconda sentenza, ancora a favore di due tifosi, in questo caso rossoneri. Tifosi ai quali i funzionari di via Fatebenefratelli avevano comminato il 14 gennaio un Daspo di 3 anni a seguito di una denuncia «per il reato di esposizione di striscioni incitanti alla violenza, in occasione dell’incontro di calcio disputatosi il 25 novembre 2012 tra Milan e Juventus». Due le scritte finite nel mirino delle telecamere a circuito chiuso del Meazza. Una irrideva il tentato suicidio di Gianluca Pessotto, paragonando il volo dell’ex terzino bianconero dal tetto della sede torinese del club a quello del paracadutista austriaco Baumgartner, che nell’ottobre scorso si era tuffato da 39 mila metri di altezza: «Felix, 36 km di volo e muro del suono rotto... ma mai spettacolare come il lancio di Pessotto».

L’altra, invece, «proclamava l’innocenza di Speziale e Micale, ovvero i due soggetti condannati (il primo con sentenza passato in giudicato) per l’ispettore Capo della Polizia di Stato Filippo Raciti», ferito a morte con un sottolavello sradicato dai bagni dello stadio Massimino di Catania il 2 febbraio 2007. Due frasi degne, per la Questura, di essere punite con l’espulsione a tempo (36 mesi) di Vito L. e Salvatore N. da qualsiasi evento calcistico in Italia e negli altri Stati dell’Unione Europea, dalle amichevoli (Trofeo Berlusconi, Birra Moretti, Tim) ai match di Champions League, senza dimenticare tutti i campionati e le partite della Nazionale azzurra. Misura eccessiva per i difensori dei due fan casciavit, che hanno subito fatto ricorso per chiedere la sospensione del provvedimento. Istanza accolta: se ne riparlerà nell’udienza del prossimo 4 dicembre. Cioè tra 7 mesi.

Nel frattempo, possono tornare in Curva Sud. La motivazione? «L’interesse dei ricorrenti a non subire una forte limitazione della loro libertà personale rischia di essere interamente e irrimediabilmente sacrificato nelle more del processo». Pur constatando, si legge nelle conclusioni di via Corridoni, che «la frase sull’ex calciatore Pessotto si connota come un’incivile espressione di mero, inaccettabile scherno». E Raciti? «La “proclamazione” di innocenza operata tramite l’esposizione dello striscione, seppur altamente stigmatizzabile per il contesto in cui è stata propalata, non pare costituire di per sé una forma di comprensione verso l’atto criminale compiuto nei confronti dell’ispettore capo». Insomma, «punti di vista fallaci — come ha sottolineato anche il Gip del Tribunale di Milano — ma comunque legittimi». Tant’è.

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