di Giulia Bonezzi

Milano, 12 maggio 2013  - UN MORTO e due feriti gravissimi, un ragazzo e un pensionato, che lottano per sopravvivere all’ospedale Niguarda e al Policlinico. Un altro ferito ricoverato, un altro ancora dimesso, almeno altre due persone scampate per miracolo è il bilancio dell’alba di sangue di ieri, dalle 5 alle 6.30 nel quartiere Niguarda, periferia Nord di Milano. Un’ora e mezza di terrore in cui il 31enne ghanese Mada Kabobo, detto Adam, ha battuto le strade prendendo a picconate chi incontrava. E ha incontrato gente che si era alzata presto per lavorare o per andare ad aiutare qualcuno, gente che tornava dopo una notte di lavoro, gente che il lavoro non l’aveva e non riusciva a prender sonno.

ALESSANDRO Carolè aveva quarant’anni ed era disoccupato. È morto alla Clinica Città Studi verso le 8.30, due ore dopo essere stato colpito (quattro volte alla testa, una all’addome) davanti al bar Delrosso in piazza Belloveso. Non riusciva a dormire ed era andato a prendere un caffè, così aveva detto alla mamma con la quale viveva. In via Grivola, nello stesso palazzo di Antonio Morisco, 53 anni, che si è salvato dal piccone di Kabobo chiudendosi dietro il portone.

NEL PALAZZO di fronte abita Ermanno Masini, pensionato di 64 anni, aggredito alle spalle in via Adriatico qualche minuto prima di Carolè. Colpito alla testa, anche lui. Masini era uscito presto per accompagnare una signora a fare degli esami all’ospedale. Una cosa che fa spesso, per gli anziani del quartiere. «Quell’angelo dell’Ermanno», così lo chiamano i suoi vicini, aveva perso la moglie da quattro mesi. È arrivato al Policlinico in condizioni gravissime, a metà giornata dalla Rianimazione l’hanno portato in Neurorianimazione, poi è stato operato, ieri sera era in coma. La prognosi è riservata. A Niguarda ha un quartiere intero che fa il tifo per lui. A vegliarlo in ospedale Andrea, l’unico figlio di 35 anni, che scuote la testa e dice «meglio che non parli». L’unica cosa che si concede di dire è che «se uno esce col piccone a Milano non è per zappare». E che «se uno ha fame, non è che ammazza la gente».

AL NIGUARDA, l’ospedale, in Terapia intensiva c’è Daniele Carella. L’altro ferito gravissimo è lui. Vent’anni e cinque mesi, aspirante cuoco, cuore bianconero, consegnava i giornali con il papà. Colpito per ultimo, in via Monterotondo; a lui, Kabobo ha preso anche il cellulare. Ha ferite alla nuca, alle spalle, al fianco; i neurochirurghi l’hanno operato due volte, per lesioni diverse, prognosi riservata.

NELLO STESSO ospedale, meno grave ma con un trauma cranico e facciale con fratture, è ricoverato Francesco Niro, 50 anni, operaio in una ditta di pulizie, aggredito per secondo, in via Passerini, mentre rientrava dal lavoro: si è salvato perché è svenuto, e poi, sanguinante, è riuscito a trascinarsi a casa, dalla moglie. Anche Andrea Carfora, 24 anni, tornava dal lavoro, turno di notte in un supermercato. Il primo a essere assalito da Kabobo, in via Terruggia. Ferito a un braccio, medicato al Niguarda, è stato dimesso.
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