Milano, 16 marzo 2013 - Era appena uscito dalla sua casa a Boston, diretto al traguardo della maratona, a godersi la festa della sport. Poi un'esplosione, una seconda, la città che precipita nel panico, le sirene spiegate. Stefano Bocchieri, studente milanese alla Northeastern University, è uno degli italiani che ha vissuto sulla propria pelle le ore terribili di Boston. “La reazione di polizia e pompieri è stata immediata - racconta -, in trenta secondi. Sono tornato a casa e ho chiamato i miei amici che erano là”. Là: l'epicentro della tragedia. Stefano rassicura sulle proprie condizioni e su quelle dei suoi conoscenti: “Stiamo tutti bene. Dei miei amici erano in un bar vicino all'esplosione e sono scappati correndo il più lontano possibile”.

Nei minuti immediatamente successivi alla notizia delle esplosioni nel capoluogo del Massachussets, le linee telefoniche e il web dall'Italia sono stati sommersi da familiari e amici che cercavano di mettersi in contatto con i nostri connazionali a Boston, chi là per la maratona, chi per studi o lavoro. Marco, ingegnere comasco, lavora nel cervellone della città, il Massachussets Institute of Technology (Mit). Ha subito dato sue notizie ai familiari e agli amici scrivendo su Facebook: «Ero appena tornato a casa quando ci sono state le esplosioni, ma ero a fare foto appoggiato esattamente a quella transenna fino all’una e mezza. Robe da pazzi. A tutti quelli che si stanno chiedendo se sto bene: sto bene». Marco era vicino a pochi metri dal luogo dove, ore dopo, sarebbero avvenute le esplosioni: "Era il posto migliore per vedere l'arrivo. Poi sono tornato a casa".

Secondo quanto riferiscono fonti americane, nelle deflagrazioni a Boston sono morte due persone, tra cui una bambina, e sono state ferite decine di persone. Sono ore di apprensione per la comunità a stelle e strisce che abita a Milano. Al Tizzy’s Bar, un locale in zona Navigli frequentato dagli statunitensi, la titolare, Tizzy Beck, originaria di New York, commenta: «È terribile. All’inizio abbiamo pensato subito al terrorismo, ora aspetto notizie dai miei amici in America. Non voglio saltare subito alle conclusioni». Con il fiato sospeso, in attesa di scoprire al verità sulla tragedia di Boston. Come tutto il mondo.

di Cecilia Daniele e Luca Zorloni