Milano, 16 febbraio 2013 - Nessuno si è accorto di nulla. Tuttavia, quando già i quattro (o cinque) banditi lasciano l’orologeria Franck Muller Geneve, i passanti che affollano via della Spiga si rendono conto che è accaduto qualcosa di grave. Dal negozio esce il cliente ferito, corre in strada anche un dipendente per chiedere aiuto. La gente inizia a capire. Basta dare un’occhiata all’interno del negozio sfavillante per comprendere che è passata una sorta di tsunami: vetri infranti, gioielli per terra, sedie rovesciate. Soprattutto c’è una persona che si lamenta e si tiene il braccio e lo stomaco. Il sibilo delle sirene è la conferma dei sospetti: una rapina.

Nel giro di qualche minuto, inchiodano in via della Spiga un’ambulanza, un paio di Volanti e una macchina dei carabinieri. I volontari della Croce rossa si occupano del cliente picchiato con la mazza: ha il volto terreo, come bianchi in viso sono anche i due dipendenti terrorizzati. La notizia della rapina rimbalza nel Quadrilatero della moda alla velocità della luce. Un quarto d’ora dopo il colpo, i poliziotti fanno fatica a tenere lontana la folla di curiosi, che resta confinata al di là del cordone rosso e della fila di auto azzurre posteggiate col lampeggiante accesso.

Poco più tardi arrivano anche gli esperti della Scientifica, con ventiquattrore, borsone con gli strumenti e attrezzature tecniche per rilevare le impronte. Il «piccolo» negozio viene «cristallizzato». Ogni indizio apparentemente impercettibile può diventare fondamentale e nulla deve essere tralasciato. Arrivano le televisioni, i cronisti con i taccuini e i flash dei fotografi fanno lievitare l’attenzione e la tensione. È inutile interrogare i passanti: tutti hanno drizzato le antenne all’arrivo delle Volanti, al sibilo delle sirene nessuno ha visto nulla.