di Luca Guazzoni

Milano, 16 dicembre 2012 - Giovanni Brera sta al Giornalismo Sportivo come Italia-Germania 4-3 di Messico '70 sta all'immaginario collettivo di Partita o il Grande Torino al concetto di Squadra di calcio. Indiscutibilmente il meglio. Di ieri, di oggi e di domani. Una semplice equazione matematica per descrivere la quinta essenza di chi ha segnato il passo, di chi ha influenzato i sogni o gli incubi dei tifosi di tutta Italia con il suo linguaggio creativo, la sua sintassi frizzante e una poetica di suoni irripetibile.


Perchè Giovanni Brera, in arte Gioánn, "padano di riva e di golena, figlio legittimo del Po", non era solo un cronista sportivo, era un menestrello della parola. Un virtuoso del lessico e un demiurgo di neologismi in grado di diventare classici nel giro di un dì. Il simbolo del giornalista per antonomasia in un tempo in cui il giornalismo sportivo era autentico, genuino, ruspante e mai chino. Mai figlio di marchette ai potenti procuratori o ai presidenti. Un tempo di luce in cui i rapporti umani prevalevano su quelli di mero interessi geo-politico e in cui il tifo per una o per l'altra squadra - nel suo caso per il Grifone di Genova - non era sguaiato e lasciava spazio alla completa imparzialitá.


La sua grandezza è insita anche nella semplicitá dell'essere popolare e popolano. Chiunque abbia pensato anche solo per un minuto di diventare uno sportivologo ha immaginato, desiderato, cullato l'idea di poter essere istruito da Brera, di poterlo chiamare "mentore" o "maestro", di suggere dalla sua voce, roca per il tabacco del suo sigaro e della sua pipa, gli insegnamenti più elementari per diventare un artista del verbo.


E da quel maledetto 19 dicembre di vent'anni fa, quando la sua Ford Sierra venne sventrata da una Lancia Thema a tutta velocitá sulla Codogno-Casalpusterlengo, siamo tutti i Senzabrera.

E così, più poveri e drammaticamente nostalgici, Il Giorno, sua creatura prediletta, mercoledì presenta alla biblioteca civica di Lodi (via Solferino 72, alle ore 18) il libro "il Calciolinguaggio di Gianni Brera", volume scritto da Andrea Maietti, biografo ufficiale del giornalista, e in vendita con il quotidiano a 6.90 euro. Un'opera che spazia dai ricordi degli amici al glossario "breriano", un'ereditá intellettuale dal valore inestimabile.

Non solo "libero", "contropiede", "Rombo di tuono" e "Puliciclone", l'autarchico Gianni Brera reinventava parole a suo uso e consumo senza mai annoiare o cadere in autocompiacimento. E se molti dei soprannomi dei giocatori di allora e delle espressioni idiomatiche di oggi si devono al genio di Brera, così è anche per parole popolari e dialettali ritornate in auge perchè diventate nobili sotto la sua penna.

"Cicca la palla": mancare il controllo o il tiro. Una frase divenuta celebre per mano di Brera e spesso utilizzata anche nei campetti di periferia da genitori e figli.

"Il giocatore ha inciucchito l'avversario": l'attaccante con un dribbling secco fa fuori il difensore, come se quest'ultimo fosse sotto gli effetti dei fumi dell'alcol.

"Puntero": a differenza della punta, parola femminile, il puntero, prestato dalla lingua di Di Stefano, incarna in sè anche il coraggio del maschio virile.

"Prestipedatore": incrocio dei termini prestigiatore e pedatore. In pratica un funambolo, un giocoliere con la palla.

"Manfrina": ballo del Monferrato che in Brera diventa un modo quasi meschino di recuperare una punizione per un contatto inesistente o perdere tempo con scene di dolore. Momenti da actor studios.

"Fighetta": un giocatore bello, sensuale e sinuoso a vedersi in azione, ma dall'efficacia discutibile.