di Rosella Minotti

Milano, 17 dicembre 2012 - Alla fin fine il Pdl, che doveva spaccarsi ieri a Roma, tiene. Ma in Lombardia il solco tra filo-montiani e anti-montiani si fa sempre più profondo. Non retrocede, anzi si rafforza, Gabriele Albertini, che durante un’intervista televisiva con Lucia Annunziata torna a definirsi «un piccolo Monti in Lombardia». Men che meno molla Roberto Maroni, vincitore delle primarie fatte in casa Lega, che questa mattina va ad Arcore per chiarire direttamente con Silvio Berlusconi se una parte del Pdl è disposta a confluire sul suo nome come candidato presidente della Regione, a quel punto ripristinando l’idea di un ticket con un pidiellino. Nel pomeriggio, il Consiglio federale in via Bellerio, in cui la Lega dovrebbe scoprire finalmente le carte e mettere fine al braccio di ferro degli ultimi mesi.

Finora infatti il partito di Berlusconi ha premuto pensando di convincere il Carroccio a cedere, mentre la Lega pensava esattamente il contrario. Il Pdl insisteva su un’alleanza sia locale che nazionale, in cui la Lega potesse appoggiare perfino l’odiato Mario Monti, mentre il Carroccio aveva aperto solo su una candidatura a premier di Angelino Alfano. Lo stesso Alfano che ieri a Roma, al convegno dei filo-montiani, tuonava: «Non ci facciamo imporre il candidato premier dalla Lega Nord». Le parole di Alfano sempre più convincono i leghisti alla corsa solitaria, tanto che il capogruppo alla Camera Gian Paolo Dozzo dichiara: «Ritengo che, data la presa di posizione di Alfano, sia giunto il momento di prendere la decisione definitiva di andare da soli alle prossime elezioni politiche». In realtà, esiste qualcosa che potrebbe favorire un’alleanza Pdl-Lega.

Uno scenario che vedrebbe una corsa elettorale nazionale con due candidati premier: Pierluigi Bersani per il centrosinistra e Angelino Alfano per il centrodestra, ma con un accordo segreto già fatto che rimetterebbe alla fine tutto nelle mani di Mario Monti. Ma se la Lega sul nome di Alfano potrebbe aprire, ottenendo così l’appoggio di parte del Pdl per Maroni, il piccolo Monti rimarrebbe comunque in pista. La lista di Gabriele Albertini sarebbe un avamposto montiano nel laboratorio lombardo, che riunirebbe i formigoniani, i pidiellini che credono nel Ppe e che non voterebbero mai il leghista Maroni, i larussiani lombardi e i centristi. Su tutto pesa la variabile impazzita della possibile candidatura nazionale di Silvio Berlusconi. Nonostante la vittoria di Umberto Ambrosoli, che lancia la campagna elettorale del centrosinistra, la Lega ci crede: nel weekend sono state raccolte altre 80mila firme per la lista Maroni presidente. «Si supera così quota 300mila», annuncia trionfante il segretario lombardo Matteo Salvini.

Ostenta sicurezza Gabriele Albertini, che non nasconde di «aver sentito spesso negli ultimi tempi Mario Monti». Lo rimbecca Salvini: «Albertini dice che si considera un piccolo Monti in Lombardia. Bene, così almeno la gente lo sa. Nessuno prima di Monti aveva tagliato così tanti soldi ai pensionati, ai disabili, agli ospedali, alle famiglie, ai Comuni, alle associazioni e ai lavoratori in Lombardia». A Roma, il governatore uscente Roberto Formigoni, alla manifestazione dei filo-montiani “Italia Popolare”, pronuncia parole non nuove: «Il nostro candidato sia Gabriele Albertini. La Lega ha tradito e spezzato l’alleanza con il Pdl e ora non può rivendicare la presidenza della Regione». La sfida a tre, ormai, tra Albertini, Ambrosoli e Maroni sembra certa.

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