di Tino Fiammetta

Milano, 21 novembre 2012 - Pretendeva rapporti sessuali con i detenuti in cambio di generi di prima necessità (una sigaretta o uno spazzolino da denti) o di un interessamento per la loro condizione. Don Alberto Barin, 51 anni, da 15 cappellano del carcere di San Vittore è stato arrestato per violenza sessuale continuata e pluriaggravata e concussione ai danni di sei detenuti.

Una notizia che ha creato scalpore perchè la notorietà del prete difensore di detenuti, stranieri e drogati, va al di là delle mura del carcere di via Filangieri. L’indagine della Squadra mobile e della polizia penitenziaria inizia quasi per caso nel giugno scorso, quando un recluso di colore, vittima di violenza sessuale da parte di un altro detenuto si confida con un agente. Parla e si sfoga e raccontando disperato la sua condizione, fa riferimento anche agli abusi subiti dal cappellano del carcere. Inviti e scambi di favori. «Se fai quello che ti dico posso darti in cambio qualcosa...» e il detenuto aveva accettato. «Prestazioni sessuali» informano gli investigatori che aggiungono: «atti sessuali repentini». E l’indagine accelera.

In silenzio e anche con qualche comprensibile scetticismo considerando la figura adamantina del sacerdote che vive in quell’inferno da 15 anni. Gli agenti piazzano telecamere e microfoni per raccogliere quante più prove possibili. E dopo qualche mese si scopre che quanto confidato dal detenuto africano non solo è vero, ma è solo la punta dell’iceberg. I poliziotti scovano altri cinque detenuti che confermano i racconti del primo. E se ne cercano altri.

Lo spazzolino, le sigarette, e anche un interessamento alla loro condizione carceraria (qualche permesso o uno spostamento) erano merce di scambio per ottenere «favori sessuali» e per «soddisfare quasi ossessivamente le sue pulsioni sessuali» scrive il gip Enrico Manzi. In quattro filmati si vedrebbe il cappellano che riceve nel suo ufficio le vittime alle quali fornisce beni di prima necessità (presi da un armadietto) e poi gli abusi.

Le vittime sono straniere, tranne una, e sono a San Vittore per reati di piccola criminalità, furti, risse, scippi e spaccio. Il periodo preso in esame comprende gli ultimi cinque anni; a partire dal 2008 le richieste del cappellano sembrano essere state tutte corredate da prove convincenti. Inoltre una telecamera nella casa privata del cappellano avrebbe rivelato rapporti con detenuti anche quando quest’ultimi avevano ottenuto la libertà.

Un prete impegnato e militante, non solo nell’attività di sacerdote tra le mura di San Vittore, dove era stato destinato dall’arcivescovo Carlo Maria Martini dal 1997. Barin figura ad esempio tra i firmatari della «marcia per l’amnistia» promossa dai Radicali. Ieri don Alberto è stato portato a Bollate. La Curia esprime il «proprio sconcerto e dolore e manifesta la piena fiducia nel lavoro degli inquirenti e la disponiblità alla collaborazione per le indagini».