Milano, 30 ottobre 2012 - "Escludo che prima della carica ci sia stato un lancio di oggetti verso la polizia. Gli agenti si sono mossi solo perché la musica era stata riaccesa, anche se a basso volume". È la versione di Giulia, 25 anni, che sabato sera era al rave di Cusago con altre 1.700 persone. Fortunatamente si è salvata dai tafferugli, fuggendo appena ha visto gli agenti in assetto antisommossa: "È vero, c’era l’ordine di tenere spenti gli strumenti, ma nessuno aveva l’intenzione di provocare uno scontro fisico con la polizia".

Giulia si presenta in viale Europa con due amici alle 19: "Sapevo dell’evento tramite un passaparola - racconta -. Gli organizzatori erano riusciti a montare il sound system al terzo tentativo, dopo aver provato a Trezzo sull’Adda e a Limbiate". Nasce quella che in gergo viene chiamata "Taz", cioè zona temporaneamente autonoma: "Un posto in disuso che rivive, dove l’accesso è gratis e tutti si divertono nel rispetto degli altri".

All’arrivo di Giulia, le forze dell’ordine presidiano l’esterno: "Di solito lasciano correre e dopo un giorno si sbaracca — spiega Lorenzo, un amico che non era a Cusago ma frequenta i rave da otto anni —. Stavolta è stata messa in pericolo anche la sicurezza degli agenti, dato il grande numero dei presenti". Giulia è nel corridoio e potrebbe non aver visto tutto. Corre, trasportata dalla massa. "Secondo me, molte persone non si erano rese conto di quello che stava per succedere e sono rimaste nel capannone", ricorda. C’è infatti chi non scappa subito.

La situazione sfugge di mano: "Abbiamo visto arrivare all’improvviso gli agenti — aggiunge Veronica, che era nell’area da ballo —. Sono andata verso di loro e nei tafferugli anch’io ho lanciato degli oggetti. Mi ero vista attaccata e ho reagito così. Sono stata manganellata, spinta e chiusa in un angolo. Poi sono uscita". Il movimento rave rifiuta qualsiasi definizione: "Non vogliamo pagare 50 euro in discoteca: cerchiamo di divertirci in modo spontaneo, senza le regole imposte dall’alto — spiega Lorenzo — senza licenze commerciali, permessi per la sicurezza, presidi sanitari".

L’ipotesi più grave è che i rave siano organizzati dalla criminalità per smerciare droga in grandi quantità: "Non siamo strumentalizzati, il nostro movimento è pacifico. Si autofinanzia con la vendita di cocktail e panini. Gli organizzatori sono lavoratori", concludono Giulia e Lorenzo.

di Daniele Monaco