di Luca Zorloni

Milano, 27 ottobre 2012 - L'ex riformatorio di Baggio Marchiondi Spagliardi si nasconde dietro gli alberi, come un grosso animale ferito. Ferito dall'uomo, che sembra essersi dimenticato del bestione in vetro e cemento. È ancora una delle più note creature dell'architettura brutalista italiana e merita citazioni nei libri di storia dell'arte. Opera visionaria, fu realizzata nel 1952 da Vittoriano Viganò, che voleva abolire sbarre e cancelli per dare ai "ragazzi difficili" una scuola di vita, ma da trent'anni è stata fatta prigioniera dell'abbandono e del miraggio di un restauro. Ha sessant'anni ma ne dimostra molti di più.

Palazzo Marino (proprietario dell'immobile), Politecnico e fondazione Cariplo avevano studiato una cura da cavallo per l'ex Marchiondi Spagliardi. Il progetto, ricorda Rosario Pantaleo, consigliere comunale del Pd che da vent'anni si occupa del rudere di Baggio, "prevedeva la realizzazione di uno studentato per gli iscritti del Politecnico e un centro aperto a tutta la cittadinanza. Il costo iniziale era di 18 milioni di euro, poi salito a 25". Una cifra ritenuta insostenibile dal Politecnico, spiega Pantaleo, che si è sfilato dalla cordata di investitori. E il progetto è finito nel dimenticatoio.

Il consiglio di zona 7, guidato da Fabrizio Tellini, è pronto a ripartire da zero con il Marchiondi e ne ha inserito il recupero nel piano triennale delle opere compilato dal parlamentino locale. Secondo Pantaleo, che presiede la Commissione comunale decentramento, ci sono buone probabilità che la proposta passi: "Sto lavorando con l'assessore D'Alfonso per trovare un'alternativa". Della trentennale attività del Marchiondi, istituto di accoglienza per giovani con scuola annessa, non sono rimaste che aule vuote, vetri rotti ed erbacce cresciute in quello che era stato inaugurato come il prototipo di un nuovo sistema di educazione.

Nel 1952 il riformatorio di Baggio sorgeva dalle ceneri dell'ex istituto Marchiondi, in via cardinal Ferrari. L'istituzione era attiva già dall'Ottocento e tra i suoi allievi annovera Giovanni Segantini (dai dodici ai quindici anni, 1870-73), che oggi è immortalato in un busto vigile all'ingresso di via Noale 1. Ogni mattina il cancello è aperto dagli educatori del Centro Diurno Disabili, che dal 1982 occupa una piccola parte dell'ex riformatorio. Il resto dell'enorme complesso si sviluppa all'interno, nascosto da un sipario di alberi, per tutta la lunghezza di via Antonio Mosca fino al confine con via Sandro Pertini.

Vi hanno trovato rifugio rom e senzatetto. Matteo Vitali, uno dei cronisti di Share Radio, l'emittente web del quartiere nata nel 2010 all'interno dello stesso progetto, Punto Linea, che prevedeva il restyling dell'istituto, li ha intervistati insieme ai residenti del quartiere per raccontare trent'anni di convivenza con un elefante in salotto. "I cittadini ormai sono sfiduciati", racconta Nicola Mugno, coordinatore del progetto Share Radio. Eppure sono in tanti a chiedere una seconda occasione per il colosso. Tra i primi Vittorio Sgarbi, che riuscì a ottenere l'imposizione di un vincolo architettonico. E poi i ragazzi, gli ex "ragazzi difficili", quelli che prima di architetti, storici dell'arte, esteti e politici compresero la bellezza del riformatorio di Baggio.

luca.zorloni@ilgiorno.net

Twitter: @Luke_like