di Giambattista Anastasio

Milano, 25 agosto 2012 — In origine furono i due attentati al centro sportivo comunale «Ripamonti» di via Iseo: il 9 ottobre e il 29 dicembre 2011. Infine gli incendi di agosto: il 22 le fiamme davanti ad un altro centro sportivo comunale, il «Colombo» di via Cardellino, il 17 i roghi al parco delle Cave, al Bosco in Città e alla caserma Perrucchetti. Nel mezzo la prima relazione semestrale del Comitato antimafia istituito dal Comune, e presieduto da Nando Della Chiesa, che a luglio aveva censito, tra Milano e hinterland, 52 atti intimidatori (a danno soprattutto di attività commerciali) in 18 mesi.

Ora proprio Dalla Chiesa rilancia l’allarme: i clan allungano le mani sulla città. «Gli incendi di queste settimane — dice il presidente del Comitato antimafia — sono l’ennesimo, indubbio, segnale di una presenza che cerca di condizionare la città. La criminalità organizzata ha uno spazio impensabile a Milano. Qui loro adesso pensano di essere a casa loro».

Non solo, Dalla Chiesa lancia anche una richiesta esplicita alle autorità: «Si vada fino in fondo nell’accertare chi siano i responsabili degli incendi di questo mese». Perché questa sollecitazione? «Troppo spesso — spiega Dalla Chiesa — gli incendi finiscono con l’essere derubricati a fatti casuali. Pizzerie, automobili, parchi sembrano bruciare per autocombustione. Anche questo — prosegue il presidente del Comitato antimafia — è un segno di una non particolare disponibilità a prendere sul serio i messaggi trasmessi della criminalità organizzata. I settori del commercio e alberghiero sono i più colpiti a Milano, perché è più facile riciclarvi denaro sporco. Avviene lo stesso a Roma, altra grande città commerciale. Ma — sottolinea Dalla Chiesa — anche gli atti intimidatori ai centri sportivi non vanno sottovalutati: in Calabria è emerso che diverse società o associazioni sportive rientravano nella galassia della ’ndrangheta».

Quando gli si chiede a quale livello si registri questa «non particolare disponibilità a prendere sul serio» i segnali della malavita, Dalla Chiesa risponde: «Non sono in grado di dirlo. So però che gli incendi sono il linguaggio della criminalità organizzata, sono una pratica di intimidazione alla quale i clan ricorrono abitualmente. Dobbiamo renderci conto che in città c’è una presenza composita di organizzazioni criminali e che questi incendi sono una risposta, una reazione al clima di rinnovata legalità che si sta cercando di portare in città attraverso una nuova attenzione alle regole. Perché Milano non è cosa loro ed è ora che se ne vadano».

Sembra palese una critica all’operato delle precedenti amministrazioni comunali: «Purtroppo oggi la criminalità organizzata parte con 20 anni di vantaggio rispetto a noi. La politica ha fatto poco per contrastarla, per fortuna ci ha pensato la magistratura». Da parte sua, Dalla Chiesa promette entro ottobre un nuovo censimento, «ampliato e ragionato», degli atti intimidatori avvenuti a Milano e hinterland. Un censimento in cui si spera di dare un quadro anche agli incendi di questo agosto: in fiamme centri sportivi comunali e, fatto insolito a Milano, anche i parchi. «La criminalità organizzata — conclude Dalla Chiesa — non si pone limiti negli obiettivi, sono disposti a colpire ovunque».

giambattista.anastasio@ilgiorno.net