MIlano, 21 agosto 2012 - Non leggere il messaggio dell’arcivescovo Scola era un messaggio, politico, per l’arcivescovo Scola: così Magdi Cristiano Allam, europarlamentare di «Io amo l’Italia», interpreta l’incidente diplomatico di domenica durante la chiusura del Ramadan all’Arena civica di Milano.

Che idea s’è fatto?
«Il predecessore di Scola, Dionigi Tettamanzi, era particolarmente favorevole all’idea di costruire una moschea in ogni quartiere di Milano, nonostante comportamenti tutt’altro che esemplari da parte degli islamici. Come il 3 gennaio del 2009, quando in duemila occuparono piazza del Duomo ostentando la preghiera e costringendo a chiudere la cattedrale».

Ma Scola non ha chiuso il dialogo.
«Certo che no, anzi è il fondatore di Oasis, un’istituzione che si fonda sul dialogo interreligioso, nella salvaguardia della specificità del cristianesimo. Ma, evidentemente, non è stato gradito un atteggiamento più tiepido da parte
sua. Quanto accaduto non era frutto di disattenzione, né di disorganizzazione, ma un atto politico:
Davide Piccardo (coordinatore del Caim che organizzava la preghiera, ndr), che è politico navigato nonostante l’età, l’ha deliberatamente commmesso per mandare un messaggio alla Curia, la quale non dice più che bisogna fare una moschea in ogni quartiere. Un’offesa doppia, anche a don Giampiero Alberti che da vent’anni si prodiga per il dialogo coi musulmani. Aggiungerei che ciò avviene perché noi glielo consentiamo».

In che modo?
«Ci percepiscono come deboli e ritengono, a Milano e in Italia, di poter dettare le loro condizioni. Nel 2009 Tettamanzi non li condannò, e l’indomani, la delegazione ricevuta in Curia si limitò a esprimere rammarico, senza scusarsi. Pensano di potersi comportare in modo arbitrario perché abbiamo paura di loro. E ora che sull’altra sponda del Mediterraneo gli islamici stanno conquistando un po’ ovunque il potere, fanno la voce grossa, consapevoli che saremo acquiescenti per non urtare la loro suscettibilità».

Con emergenze come la crisi economica, delle moschee si parla meno.
«E sicuramente i musulmani, che a Milano sono almeno centomila, sono preoccupati perché non si parla più di costruire una grande moschea per l’Expo, ipotizzata persino da Formigoni. Ciò può indurli a cercare di costringerci a occuparcene».

I fedeli all’Arena erano un decimo di centomila.
«Questo potrebbe aiutarci a distinguere tra i musulmani che vivono tranquilli condividendo i nostri valori, e i militanti che strumentalizzano la religione per fini politici e di potere».

La giunta di Milano continua a parlare di moschee nei quartieri.
«Pisapia, che purtroppo è un relativista, si è esposto sul tema in campagna elettorale, ma sa che sposarlo da sindaco è diverso, perché significherebbe perdere il consenso dei milanesi. E ora sta facendo un passetto indietro».

Perciò la polemica sulla mancata presenza del sindaco all’Arena?
«Insofferenza per aspettative non esaudite, che diventa strumento di pressione con una mancanza di rispetto inaccettabile nei confronti dell’istituzione. Dobbiamo essere rigorosi, le leggi valgono per tutti. Altrimenti finiremo per soccombere».

giulia.bonezzi@ilgiorno.net