Milano, 9 luglio 2012 - «Era lui, non mi potevo sbagliare. Stesso sguardo, stessa espressione. Invecchiato parecchio, gli anni passano. Ma gli occhi non tradiscono, sono gli stessi. Riconoscibili». È una storia straordinaria lunga più di dieci anni quella che racconta il maresciallo dei carabinieri Gigi Maci. I suoi colleghi, scherzando, lo chiamano identificator.

Ma ci vuole davvero una sensibilità eccezionale per vedere su un giornale la foto di un rapinatore e collegarla, come ha fatto lui, a un’altra foto scattata dieci anni prima ad un bandito rimasto fino a quel momento sconosciuto. È stato proprio Maci, insomma, dopo tutto questo tempo, a riconoscere da un fotogramma dell’ex terrorista dei Nar Luigi Fraschini, pubblicato sui giornali dopo il suo arresto per rapina, il vero autore di un altro assalto avvenuto a fine anni ’90 alla filiale di via Washington della Banca Popolare di Milano.

Solo che, per quel colpo, all’epoca fu arrestato un uomo innocente: Pietro Mallei. Assolto alla fine, ma dopo 100 giorni trascorsi in cella e sette mesi agli arresti domiciliari. Un errore giudiziario che fu proprio. Il Giorno, nel ’98, a denunciare. Dopo più di dieci anni, Gigi Maci, il detective 39enne oggi al nucleo investigativo del comando provinciale ha scoperto il nome del vero colpevole e l’ha fatto condannare. Ma andiamo con ordine.

Maci era un maresciallo giovanissimo, all’epoca, ma seguì le prime indagini sulla rapina alla Popolare di Milano. «Mi chiesero - racconta - di indagare sui complici del rapinatore arrestato per via Washington, cioè Mallei. Ovviamente non arrivai da nessuna parte, perché Mallei era innocente». E però, dieci anni dopo, ebbe la prontezza di collegare le immagini di due rapine e arrivare alla conclusione che l’autore era lo stesso. «Il colpo alla Popolare di Milano non l’ho mai dimenticato - spiega - anche perché dopo qualche mese avevo visto Mallei ospite in una trasmissione televisiva raccontare l’ingiustizia subita, quei cento giorni in cella da innocente. E anche se non avevo fatto io personalmente le indagini su di lui, mi era rimasto un senso di impotenza. Non ho mai smesso di cercare».

Poi una mattina del marzo 2009, mentre sta prendendo un cappuccino al bar, il colpo di scena. «Sfoglio il giornale - ricorda - e lo sguardo finisce sulla foto di un rapinatore arrestato il giorno prima. Mi viene la pelle d’oca: gli stessi occhi, lo stesso sguardo... Lascio lì il cappuccino e corro in ufficio. Non ricordavo la data esatta della rapina di via Washington, così mi sono chiuso in archivio e ho passato in rassegna, uno per uno, tutti i fotogrammi dei colpi nelle banche milanesi di quegli anni lì... Alla fine ho trovato quello che cercavo. Era proprio lui».

Un anno fa il giudice ha condannato Fraschini a 3 anni e 4 mesi di reclusione. I clienti della banca, del resto, erano stati precisi: il rapinatore non aveva un filo di barba. Invece, quando lo arrestarono poche ore dopo il colpo, Mallei aveva la barba lunga di tre giorni, come provava la foto segnalatica pubblicata dal nostro giornale. Avrebbero dovuto rimetterlo subito in libertà con tante scuse. Non andò così, tutt’altro. La sua unica fortuna fu di trovare un giovane avvocato, Daniele Steinberg, che fin dal primo momento credette nella sua innocenza.
mario.consani@ilgiorno.net
anna.giorgi@ilgiorno.net