Milano, 14 giugno 2012 - Dicembre: era notte fonda all’Università Bocconi. Le tre per l’esattezza. Un botto che in pochissimi sentono e che fa danni lievi nonostante quel chilo di esplosivo stipato dentro un cilindro metallico collocato in un’intercapedine fra uno sgabuzzino e un corridio sotterraneo. Nella cinica terminologia terroristica doveva essere un atto dimostrativo. E tale era stato. Nessun ferito. Come aveva meticolosamente puntualizzato la rivendicazione fatta recapitare a un quotidiano. Erano stati gli anarchici insurrezionalisti. La firma in calce alla rivendiazione parlava di «Sorelle in armi» un nucleo che portava il nome di un anarchico cileno morto mentre trasportava una bomba. Tre anni dopo i Ros dei carabinieri sono sicuri di avere smantellato e spedito in galera il gruppo che tra gli altri attentati aveva deciso e materialmente costruito quell’ordigno di mercoledì 16 dicembre.

Dieci persone arrestate in varie regioni per ordine della magistratura di Perugia, nell’ambito di un’operazione contro appartenenti alla Federazione anarchica informale (Fai) e al Fronte rivoluzionario internazionale (Fri).
Le accuse mosse agli indagati riguardano, tra l’altro, gli attentati del 2009 alla Bocconi, al Cie di Gradisca d’Isonzo (Gorizia); al direttore di Equitalia a Roma, la Deutsche Bank di Francoforte e l’Ambasciata greca di Parigi nel 2011. Fra gli arrestati non ci sono anarchici «milanesi» cioè residenti o domiciliati a Milano.

Cioè di quelli noti alla Digos per episodi analoghi ma meno gravi, ma molti diquelli finiti dietro le sbarre - romani, toscani, marchigiani e abruzzesi - hanno attraverso Milano in lungo e in largo e non solo per mero proselitismo. Per esempio la busta esplosiva diretta al Cie di Gradisca era stata spedita pochi giorni prima dalla provincia di Milano.Decise oltre 40 perquisizioni in tutto il territorio italiano e raggiunti dal provvedimento anche due anarchici detenuti in Svizzera e Germania che, con i complici liberi in Italia, avevano progettato le campagne terroristiche.