Milano, 21 maggio 2012 - Macao, atto secondo. Il giorno dopo la presa di Palazzo Citterio il collettivo, già occupante sgomberato della Torre Galfa, sa bene che cambiare indirizzo al «centro per le arti e la cultura» (ora, su blog e social network, è ubicato in via Brera 12/14) è stato il meno. Un portone spalancato e subito un posacenere chiede cortesemente di spegnere la sigaretta; dentro raccoglitori di mozziconi, sacchi della differenziata, divieti a pennarello colorato ripetuti ogni pochi centimetri. «Non sporcare», «Non scrivere sui muri», «Non salire» qui, «Non entrare» là.

Camminano tra pareti scrostate, masserizie accatastate e resti di cantiere, i «macachi», come fossero sulle uova; e all’assemblea fiume della mattina si pone persino il problema delle evacuazioni dei cani. Il problema però è soprattutto l’anima da dare a questa versione di Macao. A Palazzo Citterio la partecipazione non si cerca «facendo serata» ma «potenziando le attività diurne». I tavoli, i momenti di formazione: oggi alle 18 c’è già una proiezione su «I situazionisti nella città».

Salvo sgomberi, naturale, e c’è chi vorrebbe un piano B, subito redarguito da un esperto in visita, un ex occupante della Stecca. Chi sottolinea l’urgenza di far capire ai milanesi cosa stanno facendo, chi vorrebbe passare «il 5% del tempo a spiegare, il 10 a discutere e l’85% a fare»; chi si gode la democrazia a decisione «orizzontale» e chi vorrebbe, a una certa, arrivare al punto. Intanto c’è da spostare dal cortile un camper il cui autista si è dileguato. Un ragazzo si guarda intorno e osserva: «Questa è tutt’altro che utopia».

Ieri ssera l’assemblea cittadina (convocata prima alle 18, poi alle 20) sul caso Grande Brera. Non è stato «liberato» a caso, l’edificio settecentesco incluso nei progetti d’ampliamento della Pinacoteca. «Non vogliamo bloccarli», assicurano i macachi rispondendo così all’assessore alla Cultura Stefano Boeri che li ha accusati di comprometterli, proprio adesso che sono arrivati 23 milioni di euro di fondi europei. Però vogliono «riaprire la discussione», e in bacheca campeggia un «dossier» sugli ultimi quarant’anni del complesso, progetti naufragati per mancanza di fondi, pasticci e peggio.

Chiedono «un momento di confronto allargato a tutte le istutuzioni», di «far chiarezza» sui bandi e sui «vincoli che porrà il capitale privato»; ma rimettono anche in discussione la separazione tra museo e Accademia i cui spazi, nel progetto di Mario Bellini, «vengono occupati da bookshop, caffetteria e servizi di natura commerciale». Boeri risponde, su Facebook, un intervento più fiume delle assemblee di Macao, che conclude: «Si vuole aprire un dialogo? Benissimo. Ma non si capisce perché per farlo si sia occupato Palazzo Citterio, mettendolo sullo stesso piano di un grattacielo abbandonato da 15 anni da un privato in fallimento. Mi sembra un vecchio modo di far politica, quella che porta a esibire la propria voglia di protagonismo. Che fine ha fatto la sfida inedita e appassionata di Macao?».

giulia.bonezzi@ilgiorno.net