Milano, 15 maggio 2012 - Questa mattina a Milano si è aperto il processo d'appello 'bis' alle cosiddette 'nuove BR' del Partito comunista politico-militare, i cui presunti appartenenti vennero arrestati nel 2007 nel corso dell'operazione 'Tramonto', poichè, secondo l'accusa, stavano preparando una serie di attentati, tra cui anche una 'azione' contro il giuslavorista Pietro Ichino.

 

SGOMBERATA l'AULA -  Momenti di tensione nella maxi-aula della Corte d'Assise, dove si svolge il processo milanese d'appello, dopo le dichiarazioni di 3 presunti brigatisti che hanno anche invocato "l'uso delle armi''. I giudici ad un certo punto sono stati costretti a richiedere l'intervento delle forze dell'ordine che hanno fatto uscire giovani e parenti degli arrestati dallo spazio riservato al pubblico. Un presidio di carabinieri è stato disposto davanti all'ingresso. Il processo è stato sospeso per un'ora circa.

 

"NO" DEI GIUDICI A SCARCERAZIONE - I giudici della seconda Corte d’assise di Milano hanno respinto le richieste di scarcerazione avanzate dai difensori di 7 dei 12 imputati accusati di fare parte delle cosiddette nuove Brigate Rosse.  A partire da uno degli imputati detenuti, infatti, i termini della custodia cautelare scadono a partire dal 13 giugno. Ma la Corte, presieduta da Anna Conforti, ha bocciato le richieste cosi’ come ha respinto le eccezioni che chiedevano la nullita’ del decreto di citazione a giudizio di oggi per alcuni difetti formali delle notifiche. Il processo prosegue con la relazione sui fatti contestati ai 12 imputati. 

 

INVOCAZIONE ALLE ARMI - "Solo con le armi si sovvertono i poteri, parlo come operaio comunista che ha preso le armi''. Lo ha affermato Vincenzo Sisi, uno degli imputati, facendo dichiarazioni spontanee in aula. ''Noi rinunciamo alla difesa'', ha aggiunto spiegando la revoca del mandato difensivo come 'gesto politico'.

 

"VIOLENZA INEVITABILE" - Tre imputati al processo d'appello-bis, a carico delle cosiddette Nuove Brigate Rosse, hanno preso la parola dalla 'gabbia' in aula. Uno di loro, Claudio Latino, ha parlato di "violenza inevitabile e strategicamente necessaria". "Non amiamo la violenza, non abbiamo il gusto romantico della violenza - ha detto - ma è inevitabile. Nessun gruppo di dominatori nella storia ha mai abbandonato pacificamente il potere".

 

"MOMENTO PER LA RIVOLUZIONE" -  ''Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono''. Cosi' Alfredo D'Avanzo, uno degli imputati del processo milanese alle Nuove Br, ha risposto dalla gabbia a che gli chiedeva cosa pensasse di quello che sta accadendo in questi giorni, con riferimento anche alla gambizzazione di Roberto Adinolfi. All'inizio dell'udienza dalle gabbie erano stati mostrati anche i pugni chiusi da parte degli imputati, per salutare gli amici e i parenti ed altri giovani che stanno seguendo l'udienza.  

 

ANTAGONISTI IN PRESIDIO - Una trentina di giovani antagonisti, soprattutto provenienti dal centro sociale Gramigna di Padova, stanno manifestando davanti al tribunale di Milano prima dell'inizio del processo. I manifestanti hanno organizzato un presidio, esponendo lungo corso di Porta Vittoria una serie di teloni con su scritto 'La rivoluzione e le lotte non si processano', 'Solidarieta' ai compagni arrestati e ai rivoluzionari prigionieri'. Davanti al banchetto allestito dai manifestanti c'è anche una bandiera del movimento No Tav. Oltre al presidio di solidarietà all'esterno, tra il pubblico in aula ci sono una ventina tra familiari e militanti antagonisti.

 

CONDANNE CORTE D'ASSISE D'APPELLO - Il 24 giugno del 2010, la Corte d'Assise d'Appello di Milano (presidente Maria Luisa Dameno) aveva emesso 13 condanne nel processo scaturito dalle indagini del procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che avevano 'smantellato' la presunta organizzazione che si rifaceva alla seconda posizione delle Br, l'ala 'movimentista', quella che cercava il consenso del proletariato da affiancare alla lotta armata. A 14 anni e 7 mesi di carcere erano stati condannati i presunti leader delle cellule padovana e milanese, Davide Bortolato e Claudio Latino, a 13 anni e 5 mesi invece Vincenzo Sisi, ritenuto il capo della cellula torinese. Undici anni e 4 mesi per Alfredo D'Avanzo, presunto ideologo. A 10 anni e 10 mesi era stato condannato Bruno Ghirardi, mentre a Massimiliano Toschi e a Massimiliano Gaeta erano stati inflitti rispettivamente 10 anni e 8 mesi e 8 anni di carcere. Poi altre 6 condanne, a pene comprese tra i 10 giorni di arresto e i 7 anni, per altrettanti imputati, tra cui l'unica donna del gruppo, la giovane Amarilli Caprio, che avrebbe avuto il ruolo di fare proselitismo all'interno dell'universita' Statale.

 

LA CASSAZIONE - Lo scorso 23 febbraio, però,  la Cassazione ha annullato le condanne, ordinando un nuovo processo d'appello, che si aprira' domani davanti alla Corte composta dai giudici Anna Conforti e Franco Tucci. Per la Cassazione, infatti, la Corte d'Assise d'Appello nelle sue motivazioni non aveva indicato ''con quali modalità'' le azioni progettate, come lo stesso attentato a Ichino, avrebbero dovuto essere realizzate, non chiarendo se la banda armata, ''che certo aveva intenzione e capacità di esercitare la violenza, aveva anche intenzione e possibilità di utilizzare metodi terroristici per conseguire il suo programma di eversione dell'ordine costituzionale''.

Alla scadenza dei termini di custodia cautelare per alcuni degli imputati manca circa un mese e nel frattempo D'Avanzo e Sisi continuano a inviare dal carcere ''documenti'' poi pubblicati sul sito 'Soccorso Rosso Internazionale', nei quali parlano della necessita' di ''costruire i termini politico-militari'' per la ''resistenza proletaria''.