Milano, 28 febbraio 2012 - Il fiuto del cane? Da oggi si utilizza anche per scovare i tumori. Niente di fantascientifico. Si tratta di una caratteristica genetica di cui sono dotati tutti gli amici a quattro zampe: l’olfatto che, fino quando viene utilizzato per scovare il tartufo nascosto fra i boschi per deliziare i palati sopraffini, nulla di eccezionale. Ma quando è in grado di identificare gravi patologie, allora è bene diffondere i dati relativi all’attendibilità con cui i cani riescono ad individuare i tumori annusando i campioni (si parla del 98%). L’occasione è stata il convegno «Medical Detection Dogs, il fiuto del cane al servizio della medicina, una speranza per il futuro» presso la sala affreschi della Provincia di Milano. «Ricerca e prevenzione sono i nostri due macro-obiettivi». Parola di Aldo La Spina, rieducatore cinofilo, istruttore di cani d’assistenza e vicepresidente dell’associazione Mddi, medical detection dogs italia Onlus.

 

Il cane al servizio della medicina e della diagnosi. In che modo? «Ricerche scientifiche portate avanti in tutto il mondo hanno confermato che i cani sono in grado di individuare tumori e altre malattie metaboliche grazie alla loro sensibilità olfattiva con una attendibilità pari al 98%».
 

Attraverso quali segnali l’animale avvisa il proprietario-malato?
«Quando identifica un campione positivo, quindi infetto, si sdraia oppure si mette seduto, anche nel caso in cui la malattia si trova in una fase ancora embrionale. Se, invece, rimane in piedi fissando insistentemente il conduttore vuol dire che il campione è negativo, dunque, nessun pericolo».
 

I cani possono fiutare tutte le patologie tumorali?
«Lavorando sull’espirato si ipotizza che non esistano limiti. Le prime sperimentazioni empiriche risalgono al 2004 quando furono portati avanti alcuni studi sul melanoma. Le ricerche scientifiche si sono poi estese ad altri tipi di tumore: quello alla prostata in Francia, alla vescica in Inghilterra, al colon-retto in Giappone e al seno e al polmone in America. Non è escluso che, continuando a fare ricerca, i cani riescano a rilevare altri tipologie di tumore».


In futuro quali altre forme di alleanza fra animali e umani si potranno sperimentare?
«In Inghilterra si è ipotizzata la possibilità di dare vita ad una sorta di naso elettronico, un macchinario che, lavorando su delle nano-particelle, è in grado di riconoscere la sostanza volatile emessa dalla cellula tumorale sfruttando il naso del cane».


Come si possono addestrare i cani a sviluppare le loro capacità olfattive?
«Attraverso un continuo e intenso periodo di esercizio della durata di quattro-sei mesi, nel quale insegniamo al cane cosa deve imparare a segnalare. L’animale ricerca delle motivazioni che possono andare dal cibo al gioco, mezzi che ci permettono di premiarli quando rispondono correttamente ai nostri comandi».
 

Tutte le razze sono predisposte a fiutare gravi patologie?
«Esistono razze più predisposte a utilizzare il naso e altre che lo sono meno. In Inghilterra utilizzano i cani da caccia ma anche degli incroci fra cani da retriver e da caccia possono essere indicati».
 

Cosa può imparare l’Italia dalle esperienze estere?
«Nelle nostre amministrazioni pubbliche c’è bisogno di crescita. In Italia le potenzialità dei cani non vengono sfruttate come nel resto del mondo. In ogni paese gli animali vengono addestrati a riconoscere i problemi che si verificano con una maggiore incidenza. Là dove è elevata la criminalità, ad esempio, viene insegnato ai cani come riconoscere il contrabbando di cibo o la modalità di intervento sulla scena del delitto per riconoscere i fluidi biologici».

di Simona Camarda