Milano, 19 febbraio 2012 - Nemmeno il tempo di riuscire a leggere sul giornale che l’ingegner Mario Chiesa era finito in manette poche ore prima. La mattina dopo, giusto vent’anni fa, il professor Roberto Klinger uscì di casa e venne freddato da tre colpi di pistola. Un delitto inspiegabile, un giallo senza soluzione: l’assassino non è mai stato trovato. «Resta il cruccio della mia vita», ammette oggi il sostituto procuratore Claudio Gittardi, che quella mattina era di turno. Sessantotto anni, diabetologo e internista di fama, medico sociale dell’Inter fino agli anni ’70 e capo dello staff medico della Pallacanestro Cantù.

Erano le 7.25 quando Klinger uscì di casa al 29 di via Muratori, zona Porta Romana. Come sempre aveva portato a spasso il cane, era rincasato, era uscito di nuovo per avviarsi alla clinica. Percorse a piedi un’ottantina di metri. Salì sulla sua Panda celeste parcheggiata fra via Muratori e via Friuli. Il killer a viso scoperto non gli lasciò nemmeno il tempo di richiudere la portiera. Tre colpi sparati a bruciapelo alla testa e al torace. L’assassino fuggì di corsa, Klinger morì subito. Trascorse poco tempo e il colpevole parve uscire dal mazzo. Tutto era contro di lui: il movente, la personalità, la fama di persona non proprio tranquilla.Alessandro Luca Pieretti aveva 51 anni e una grande cultura (cinque specializzazioni tutte col massimo dei voti).


Era stato viceprimario traumatologo nella stessa clinica di Klinger e da mesi tallonava il diabetologo, tempestandolo di telefonate, perché pretendeva una testimonianza a suo favore in una causa civile che aveva intentato alla clinica San Pio X. Venne indiziato di omicidio volontario e il pm Gittardi chiese il suo arresto. Ma in carcere Pieretti non finì mai: indizi molti, prove nessuna. A salvarlo provvide l’avvocato Armando Cillario: «Fu una grande vittoria in Cassazione. Il procuratore generale aveva chiesto l’arresto, ma dopo la mia arringa mi venne incontro spalancando le braccia e dicendo “lei ha ragione, io ho cambiato idea”. Per me fu la prima e unica volta in mezzo secolo di carriera». Cillario si convinse, fra l’altro, che l’assassino avesse sbagliato bersaglio perché nello stesso palazzo di via Muratori viveva un altro inquilino somigliante al professore. Ma certezze non ne sono mai arrivate, nemmeno qualche anno fa quando alla Squadra omicidi ripresero in mano quello e altri vecchi fascicoli per riesaminare i reperti con l’aiuto dei nuovi strumenti scientifici. Non servì a nulla. «Per il delitto Klinger non c’era proprio niente da analizzare — spiega desolato il pm Gittardi — non una traccia biologica, non una traccia qualunque».
 

di Mario Consani

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