Milano, 18 dicembre 2011 - Sabato pomeriggio, una settimana a Natale. La Galleria affollata, la coda davanti a Palazzo Marino per la mostra di La Tour. Due piani più sopra, l’atmosfera è ovattata. Regna il silenzio nelle stanze vuote. Ma nella Sala Giunta si susseguono le riunioni. «Ne avremo fino a tardi», dice Giuliano Pisapia facendo strada a passi veloci verso il suo ufficio. Sindaco, ma che ci fa di sabato qui dentro? «A gennaio scatta l’Area C, il nuovo Ecopass, e ogni giorno è buono per discutere come rendere più facile il varo dell’operazione e ridurre i disagi. Sabato, domenica, di qui a gennaio la metà del mio tempo sarà assorbita da questo tema. Continuo a pensare che il dialogo sia il modo migliore per affrontare le questioni difficili».
 

In questo caso, più che difficili esose. Il nuovo Ecopass costerà 5 euro a ogni ingresso e quanto al dialogo sono in molti a rimproverarle un mancato coinvolgimento. Anche le Ferrovie.
«Ci siamo confrontati con 99 associazioni di categoria e il dialogo continua. Trenord ha forse problemi che non sono però col Comune di Milano, ma con uno Stato che taglia risorse ai Trasporti. Area C nasce inoltre da un referendum che parlava di un ticket da 10 euro. Noi l’abbiamo portato a cinque. L’esperienza di Londra e delle altre città che hanno adottato la congestion charge dimostra che le critiche della vigilia sono destinate a cedere il passo. A Londra il 90 per cento delle persone oggi è favorevole».

Ma Milano non è Londra. E la rete dei mezzi pubblici non è adeguata.
«Abbiamo un problema sulla Linea 1 del metrò a causa della vetustà delle macchine. C’è una situazione difficile ma ci stiamo lavorando».

Forse bisognava partire dopo aver risolto i problemi.
«No, perché l’Area C, che parte solo come sperimentazione, consentirà di misurare i risultati con più facilità e attendibilità dell’Ecopass. E tutto va visto in relazione con altri interventi già in cantiere. Per esempio, il teleriscaldamento o gli investimenti sul bike sharing».

Area C è un’occasione di fare cassa.
«Una condizione che ho posto è che tutti gli introiti vengano investiti nella cosiddetta mobilità dolce. L’obiettivo è rendere più vivibile la città, nonostante le ristrettezze imposte dalla crisi».

Sarò diretto: aumenterete le tasse?
«Aspettiamo di conoscere le decisioni del governo. Cioè se ci saranno tagli agli enti locali o se al contrario grazie alla manovra arriveranno soldi in più. La cosa peggiore sarebbe scoprire che quanto incassato dallo Stato con le tasse non verrà distribuito ai Comuni, costringendo questi a loro volta a tassare».

Cosa pensa del governo Monti?
«Mi ha colpito una frase di Bersani: “Appoggeremo il governo perché siamo in una situazione di emergenza, ma poi si dovrà andare al voto”. Io lo dico da più tempo di lui. Monti opera in stato di necessità e deve fare scelte dolorose, senza le quali le fasce più deboli avrebbero pagato un prezzo altissimo. Ma il suo è un governo a termine. Altrimenti vedremo svilirsi il concetto di democrazia. Non è possibile che ci sia un esecutivo non scelto dagli elettori, come successo col governo Dini. Il rischio è che si divida ulteriormente il centrosinistra».

I Comuni hanno la facoltà di aumentare l’Ici. Cosa farà Palazzo Marino? Pensa di utilizzare l’addizionale prevista con la nuova Imu? Parlo del prelievo per finanziare i Comuni...
«Non ho ancora capito cosa succederà in Italia. Sull’addizionale saremo molto critici. Sarebbe una pessima scelta da parte del governo, che non può chiedere ai Comuni di fare gli esattori per proprio conto. È giusto che gli enti locali conservino una loro autonomia. Noi lavoreremo per eliminare gli sprechi e combattere l’evasione fiscale. È un deterrente contro i soliti furbi, e anche un modo per portare al Comune le risorse che gli spettano senza far pagare di più chi già paga».

Non teme, come il governo, il potere delle lobby? Crede di avere dei nemici?
«Sicuramente. Ci sono soggetti, gruppi di corporazioni (il termine lobby non mi piace) che difendono i loro privilegi. Da sindaco, posso magari anche aver sbagliato. E questo lo diranno gli elettori alle prossime Comunali. Ho fatto scelte che hanno attirato critiche e polemiche, ma la mia buona fede non è in discussione. Ho resistito a tutti e tenuto contro tutti, privilegiando però solo l’interesse della città. E sento un forte consenso intorno a me. Lo dicono anche i sondaggi».

Pensa di candidarsi alle prossime politiche?
«Ho un’idea chiara del mio ruolo. Questa modalità diversa di fare politica può essere vincente a livello nazionale se questa Giunta saprà governare bene Milano. So benissimo quanto questa città sia diventata un punto di riferimento nazionale e internazionale. Candidati di centrosinistra alle elezioni francesi sono venuti qui a chiedere consigli, e vengo invitato in molti Paesi per spiegare...».

Parlavamo di una sua candidatura.
«Potrò impegnarmi a costruire una forza a livello nazionale per creare una partecipazione maggiore. Che non significa dare una quarta gamba al centrosinistra ma garantire un valore aggiunto alla coalizione».

Il popolo arancione?
«Sì, ma in senso lato. Una forza insieme ai partiti e oltre i partiti. Il movimento arancione non è soltanto un contributo a vincere una sfida elettorale ma una ricchezza di idee e impegno. E per questo deve essere partecipe del prossimo governo. Bisogna evitare litigi fra i partiti e, insieme, creare una presenza che li affianchi».

Ha già un nome?
«No, e non dovrà averlo. Deve, invece, avere persone che possano entrare in un esecutivo, così come è stato per questa Giunta».

Chissà come saranno contenti i partiti...
«Bersani parla di voto, ed è già un bel segnale. Alle primarie Pisapia non appoggia nessuno, ma saremo a fianco, con la nostra esperienza, di chi le vincerà. Purché non si consideri l’allargamento di quest’esperienza un’opportunità per applicare il manuale Cencelli tra i partiti. Vanno invece valorizzate queste professionalità a fianco dei partiti».

Ma fuori Milano esistono?
«Milano è diventata un modello in tutte le città in cui si stanno preparando le primarie. Quello che lei chiama movimento è la cittadinanza attiva. I partiti sono parte integrante di questo percorso, ma devono aprirsi all’interno e avere rapporti paritari con l’associazionismo e il volontariato».

Lei le frizioni coi partiti ce le ha in casa.
«Neanche troppo.
I rapporti sono sereni. Anche col Pd. Checché se ne dica non ho pressioni. Solo confronti. E poi si va avanti insieme».

Nel Pd c’è l’assessore Stefano Boeri. Tutto sereno anche con lui?
«Credo che Boeri abbia problemi col suo partito, non con me».

Lei ha chiesto le sue dimissioni.
«Con Boeri ci sono stati problemi sul metodo di lavoro. Con l’intera Giunta. E sono stati superati».

Qualche tempo fa ha dichiarato che vi eravate «dimenticati di quanto è difficile governare».
«Non io ma il Pd. A Milano 18 anni di opposizione e nessun quadro dirigente che abbia mai governato sono un problema. Governare è difficile. Specie in una situazione di crisi economica e di bilancio deficitario».

Come sarà il 2012 dei milanesi?
«Dipenderà molto da come sarà per gli italiani. Qui abbiamo un di più: il civismo, il riformismo milanese che spinge molti a impegnarsi personalmente portando a risorse e risparmi. E poi c’è l’Expo che vogliamo diventi occasione di sviluppo e quindi posti di lavoro»

Sono passati sei mesi dal suo insediamento. Qualcosa che non rifarebbe e ciò di cui va più fiero?
«Ci sono scelte che avrei voluto non fare e che invece è bene che abbia fatto. Le addizionali Irpef, l’aumento del biglietto Atm. Interventi che insieme alla cessione della quota Sea ci hanno permesso di stare dentro il Patto di stabilità. Tra le cose di cui vado fiero la diminuzione degli affitti delle case popolari del Comune e le domeniche a spasso. Anche se forse dovevamo puntare di più sulle periferie».

Tutto qui? Le domeniche a piedi sono un nodo irrisolto. O sbaglio? Farete ancora altri blocchi auto?
«Domani a Milano avremo il ministro dell’Ambiente e i governatori delle Regioni del Nord. Chiederò di stabilire regole condivise, che valgano per tutte le grandi città. Il blocco del traffico è utile se esteso a livello territoriale. Se Milano sarà lasciata sola, farà le sue scelte. Con la salute non si scherza».

I lavoratori della Scala aspettano ancora da lei risposte sul futuro del teatro.
«Le mie risposte sono i fatti. Credo nell’autonomia e stiamo lavorando perché arrivi entro il 2012. Ritengo fondamentale che nel Cda della Scala ci sia una maggioranza pubblica. Sono contrario a una progressiva privatizzazione del teatro: vincerebbe solo chi ha più soldi».

Il suo regalo di Natale ai milanesi?
«Il concerto di Capodanno in piazza Duomo. Il 29 arrivano i soldi della cessione Sea e finalmente potremo riprendere una tradizione che si era interrotta da anni».