NON C’È analisi politica, studio o filosofia a cui votarsi. Col nuovo Ecopass ci toccherà pagare. Prima erano tre euro per una parte degli automobilisti, adesso sono cinque. Praticamente per tutti. I residenti e i commercianti, pur con qualche sconto, e l’orda di pendolari dell’auto che a Milano non vengono solo per inquinare.

VENGONO anche per fare grande e ricca la capitale degli affari. Tutti stangati. La sintesi di mesi di vertici, tavoli, referendum e raccolte di firme è tutta in questa cifra: cinque euro. La Gabella, che cade con gioioso tempismo in un periodo di sacrifici per le famiglie, come sempre si ammanta di buoni propositi, raccontati, per di più, da un bel termine inglese, che fa l’effetto del «latinorum» di Manzoni: quello che non si capisce, sicuramente non è nulla di buono. Il proposito è quello di ridurre l’inquinamento: staremo a vedere. La doratura della pillola, invece, sta nel nome di «congestion charge». Che si traduce in tassa sul traffico. Non paga chi inquina di più, come accadeva col vecchio sistema. Pagano tutti quelli che si muovono nella zona dei Bastioni.

A Palazzo Marino la chiamano «Area C». Un altro termine burocratico per spiegare a quelli che, viste le regole dell’Ecopass, si erano affrettati a cambiare la macchina per comprarne una nuova meno inquinante e non pagare, che dovranno sborsare comunque 5 euro. E che la vettura nuova, alla fine, potevano anche non comprarla.

Quanto ai pendolari, che in queste settimane sono stati trattati alla stregua di barbari invasori, il Comune ha deciso di educarli (perché la scuola e la famiglia non sono bastate) e di far loro capire che è meglio viaggiare in treno e con i mezzi. È più ecologico e poi non vogliono privarli del piacere di pagare il metrò un euro e mezzo al viaggio e i convogli, in perenne ritardo, il 30 per cento in più