Milano, 20 settembre 2011 - Da solo. Seduto tra i consiglieri di Idv e Sel. «Era l’unica sedia libera», taglia corto un esponente del Pd. La verità è un’altra: per l’autosospeso Filippo Penati (scelta accolta e ratificata dalla Commissione nazionale di garanzia) non c’è più spazio tra gli scranni del Partito democratico in Consiglio regionale. Oggi è rappresentante unico del Gruppo Misto. E come tale, attacca subito il capogruppo dei dipietristi, Stefano Zamponi, «ha diritto a una dotazione di 150 mila euro».

 

In realtà, si parla di 190 mila euro in tutto, visto che Penati è diventato giocoforza presidente della sua compagine. Al Pd verranno tolti circa 50 mila euro, quindi «si spenderanno più di centomila euro in più»: 140 mila per l’esattezza. Polemiche su polemiche. Eppure, ieri mattina Penati si è presentato regolarmente in assemblea per la ripresa dei lavori. La prima da separato in casa. Senza mostrarsi remissivo, almeno davanti alle telecamere in accerchiamento.

 

No alle dimissioni da consigliere lombardo: «Continuerò a lavorare, fiducioso che la giustizia farà il suo corso e che la verità verrà a galla». E i suoi ex compagni d’avventura? A parole sono solidali: «Non partecipa più alle riunioni, ma il rapporto umano resta intatto». Vero? Mica tanto, assicurano i ben informati. «Tanti di coloro che prima gli stavano accanto - si sfoga un esponente del Pd - oggi lo evitano: sembra sia arrivato da Saturno».

 

I dubbi paiono legittimi, per carità. «A leggere i giornali sembra di avere a che fare con Nosferatu: ora toccherà alla magistratura - precisano a sinistra - appurare i fatti». Già, i democrats, o quantomeno una buona parte di loro, sperano che qualcuno li tolga dall’imbarazzo e chiarisca in fretta le eventuali responsabilità dell’ex sindaco della Stalingrado d’Italia, finito nel mirino della Procura di Monza per presunte tangenti legate alle aree ex Falck di Sesto San Giovanni.

 

«C’è tanto malumore nella nostra base», ammettono. L’accusato replica. Non si sottrae ai microfoni. Anzi, li usa per snocciolare nel dettaglio le tappe dell’affaire Serravalle, per il quale risulta indagato per corruzione: «La decisione fu presa da tutta la maggioranza in Provincia, dai Ds alla Margherita, a Rifondazione comunista e Verdi». Come dire, nessuno provi a smarcarsi. «Decidemmo di acquistare le quote da Gavio (passando dal 37 al 52%, ndr) perché il Comune di Milano aveva rifiutato la nostra offerta di 270 milioni: facemmo quell’operazione che bloccò una scalata di Gavio».

 

Tradotto, nessuna alleanza sottobanco con il re delle autostrade Marcellino, scomparso nel 2009. Né tantomeno indebite maxi plusvalenze «regalate» alla sua società. Una strategia, sostiene fiero Filippo, «che ha arricchito Palazzo Isimbardi, perché ha mantenuto un patrimonio che vale più del doppio di quando la presi in consegna». Insomma, «un’operazione inconfutabile, che ha sbloccato la realizzazione di Brebemi, Tem e Pedemontana». In aula, però, l’atteggiamento è diverso: «circospetto» è l’aggettivo più gettonato. «Sarà perché oggi è stato ufficialmente sostituito all’ufficio di presidenza».

 

Tocca a Sara Valmaggi prendere il posto di Penati. Che abbozza un sorriso quando il presidente dell’assemblea, Davide Boni, comunica all’aula il passaggio dal gruppo Pd al Misto. «Di sicuro, non è tra amici», scherza qualcuno. Eppure, Giulio Cavalli, Sel, che si definisce «tutt’altro che garantista», gli rende l’onore delle armi: «Almeno qualche passo indietro l’ha fatto. Se pensiamo a Massimo Ponzoni (membro dell’ufficio di presidenza in quota Pdl, ndr), considerato dagli stessi magistrati “capitale sociale della ’ndrangheta”, non c’è paragone».

 

«Forse è per quello che la maggioranza si guarda bene dal fare commenti su Filippo - riflette un altro consigliere -. Avrebbero un bel coraggio a criticarne la condotta». Ce l’hanno eccome. Nella maggioranza azzurro-verde le battute girano, magari prese in prestito da qualche buontempone. «L’altra sera, un signore ha telefonato a una trasmissione di una tv locale per dire: “Voi del Pd, perché, invece del sistema Sesto, non adottate il sistema Settimo, cioè non rubare?”». E giù a ironizzare.