Milano, 28 agosto 2011 - Rumors non confermati, voci impazzite, verità inconfessabili. Difficile dare un peso alle notizie che filtrano oggi da via Olgettina. C’è aria da fine impero nelle stanze del San Raffaele. In questi giorni, il nuovo Cda targato Santa Sede sta completando il lavoro di ricognizione contabile, che prelude alla stesura di un piano di ristrutturazione aziendale da presentare entro il 15 settembre in Procura. Il management, tuttavia, non nasconde le difficoltà. «Ci sono circoli finanziari che stanno cercando di infilarsi nella vicenda per salvare chi ha la coscienza sporca», fanno sapere dall’ospedale.

 

Ostacoli che potrebbero ulteriormente rallentare il processo di rilancio della struttura, oberata da un passivo patrimoniale di 1,4 miliardi di euro. E in questa lunga fase di transizione emergono altre indiscrezioni. Bisogna tornare indietro di qualche mese. Cioè quando si diffonde la notizia che la Fondazione è a un passo dal fallimento, con più di novecento milioni di debiti da restituire a fornitori e istituti di credito.

Il fondatore don Luigi Maria Verzé sta predisponendo in tutta fretta un progetto di restyling che gli consenta di uscire progressivamente dalle sabbie mobili e conservare intatto il suo potere. Intanto, stando alle rivelazioni di una fonte interna, il suo braccio destro Mario Cal si muove su binari paralleli, all’insaputa del sacerdote manager: va a Londra e prende contatti con un fondo d’investimenti inglese, cui propone «la cessione di una quota di controllo del San Raffaele». Trattative riservate, affidate a un advisor legale italiano.

 

Il blitz, però, non va in porto. Così come falliranno i tentativi del prete novantunenne, costretto a piegarsi al volere del Vaticano. Difficile sapere se don Verzé sia venuto a conoscenza del tentativo del suo vice e se questo abbia influito in qualche modo sul rapporto di fiducia con Cal, suicidatosi la mattina del 18 luglio con un colpo di Smith & Wesson alla tempia. Una cosa è certa: il manager veneto avrebbe preferito l’offerta di Giuseppe Rotelli, numero uno del gruppo San Donato, a quella della Santa Sede. A differenza di don Luigi, che alla fine ha scelto Oltretevere.