Milano, 26 agosto 2011 -  I pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia hanno già depositato al tribunale del riesame di Monza il ricorso per chiedere l’arresto in carcere di Filippo Penati, indagato per concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti nell’inchiesta su un presunto giro di tangenti relative alle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni. Infatti, il gip di Monza, Anna Magelli ha bocciato la richiesta di custodia cautelare in carcere per l’esponente del Pd, riqualificando i reati in corruzione per episodi che a detta del giudice sono prescritti malgrado i gravi indizi di colpevolezza.

L’ordinanza del giudice è del 10 agosto scorso e i pm avevano a disposizione 10 giorni di tempo per fare ricorso al riesame e dunque nei giorni scorsi hanno depositato l’appello al tribunale per chiedere il carcere per Penati e per il suo ex braccio destro Giordano Vimercati, la cui richiesta d’arresto era sempre stata negata dal gip.

 

DISPARITA' - Mapelli e Macchi sostengono però che quelli commessi da Filippo Penati e dal suo braccio destro Giordano Vimercati sono plurimi episodi di "concorso in concussione per induzione" e non di corruzione, perché gli imprenditori che negli anni sostengono di aver pagato fino a 6 milioni di tangenti "non erano
in posizione paritaria" rispetto al sindaco di Sesto San Giovanni. I due pm ribadiscono che Penati e Vimercati
avrebbero commesso più episodi di concussione e in tempi diversi non con violenza e minaccia, ma per induzione. È vero, scrivono, che per esempio Giuseppe Pasini ha accettato di pagare le mazzette prima dell'acquisto dell'area Falck, ma le richieste dei politici sono proseguite anche successivamente. Allora, è il ragionamento, non si può parlare di un unico accordo originario con l'imprenditore, perché le modalità esecutive sono state decise via via più avanti, una volta che lui aveva comprato area, si era esposto con la banca e in sostanza aveva l'acqua alla gola.

 

SOTTO TORCHIO - Si svolgeranno invece lunedì mattina nel carcere di Monza gli interrogatori di garanzia, davanti al gip, di Pasqualino Di Leva, ex assessore all’edilizia al Comune di Sesto, e dell’architetto Marco Magni, entrambi finiti in carcere ieri con l’accusa di corruzione.

 

L'ADDIO - Intanto Filippo Penati si autosospende dal Partito democratico dopo gli ultimi sviluppi dell'inchiesta. "Ribadisco la mia estraneita' ai fatti che mi vengono contestati", premette l'ex presidente della Provincia di Milano, in una nota. "Visti pero' gli sviluppi della vicenda che mi vede coinvolto intendo scindere nettamente la mia vicenda personale dalle questioni politiche per potermi difendere a tutto campo". "Per queste ragioni - spiega - ho deciso di autosospendermi dal Pd e di uscire dal gruppo consiliare regionale. Questo per non creare problemi e imbarazzi al Partito democratico". "Il mio impegno - conclude -, come ho detto dall'inizio della vicenda, resta quello di ristabilire la mia onorabilita' e ridare serenita' alla mia famiglia".

 

NUOVI DETTAGLI: SMS AL VETRIOLO - "No tell, no news, no problem". È quanto scriveva in un sms a Filippo Penati un suo collaboratore dopo la convocazione di una testimone in Procura lo scorso aprile. Il testo del messaggio intercettato è riportato dai pm Franca Macchia e Walter Mapelli nella richiesta di arresto a carico dell'ex vice presidente del Consiglio regionale e di altre tre persone per documentare la sospetta preoccupazione degli indagati una volta saputo che gli inquirenti stavano ascoltando delle persone e il conseguente rischio di inquinamento delle prove nel caso in cui fossero rimasti in libertà.

A essere stata sentita quel giorno era stata un'ex segretaria dell'imprenditore Giuseppe Pasini a sua volta intercettata. La donna non aveva detto nulla di rilevante ai fini dell'inchiesta, spiegano gli investigatori, e la sera stessa del giorno della deposizione il collaboratore ha scritto a Penati il breve messaggio: "No tell, no news, no problem". L'interpretazione degli investigatori è che il collaboratore intendesse comunicare a Penati che la testimone non aveva detto nulla, che non c'erano novità, né problemi.

La stessa donna ad aprile aveva incontrato Giordano Vimercati, l'ex braccio destro di Penati. Poi, mentre era intercettata, aveva chiamato un amico, dicendogli: "Giordano mi ha detto è un casino, abbiamo i telefoni sotto".
Risale a questo periodo anche un incontro di Pasini con Vimercati, che poi incontrerà lo stesso Penati il mese successivo. Dirà agli inquirenti che entrambi gli avrebbero chiesto se era stato convocato in procura e di
aver percepito "indicazioni da tenere presenti in caso di convocazione". In particolare, dell'incontro "casuale" con Vimercati ha detto Pasini: mi ha chiesto le stesse cose di Penati, se ero stato chiamato dai pm. Poi mi ha
parlato di Di Caterina (l'altra gola profonda dell'inchiesta, ndr) dicendo che aveva fatto il matto e che non c'entrava niente con questa storia".

INTERROGATIVO FINANZIAMENTI - Nel ricorso presentato al tribunale del riesame  i pm di Monza sostengono inoltre che ci sono gravi indizi a dimostrare che il dimissionario esponente del Pd avrebbe finanziato il suo partito con i soldi delle tangenti da lui incassati. I magistrati spiegano, emerge con evidenza dagli atti dell'indagine che l'imprenditore Piero Di Caterina ha sostenuto spese e versato soldi a favore di Penati nell'interesse del partito.

Nella sua ordinanza il gip aveva sottolineato che l'elemento probatorio di un pagamento di 2 milioni di euro a favore dell'ex sindaco di Sesto San Giovanni non fosse sufficiente a far ritenere che quella somma fosse poi
finita al Pd, secondo i pm, pero', ci sono ulteriori elementi, tra cui un contratto e una lettera relativa a quel pagamento che dimostrano il finanziamento illecito. A quanto si e' appreso, non ci sarebbero telefonate "significative e di rilievo penale" tra Penati e alti esponenti nel Pd.

 

IL PARTITO - L'assessore al Welfare del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino (Pd), chiede a Penati,
di rinunciare alla prescrizione."Credo che chi ha svolto funzioni di rappresentanza politica e si proclama innocente dovrebbe rinunciare alla prescrizione" ha detto Majorino riferendosi al compagno di partito. "Purtroppo in queste settimane il quadro a suo carico si è aggravato e appesantito - aggiunge -. Non siamo più di fronte al fatto iniziale, a delle ipotesi anche molto pesanti, ma confusamente dette da un singolo accusatore. Siamo di fronte a un quadro, a una pratica più consolidata".

Per Majorino infatti, "qualsiasi atto che possa permettere all'opinione pubblica di comprendere che nessuno si sente al di sopra delle parti sia un atto positivo", e nel caso di Penati "questo potrebbe essere la rinuncia alla prescrizione".Quanti all'autosospensione di Penati dal Pd e dal gruppo in Consiglio regionale Majorino lo ritiene "un fatto ovvio e logico, una minima questione di rispetto e sensibilità. Fossi in lui darei le dimissioni anche dal Consiglio regionale. Però ora questa diventa una sua scelta personale che non ha più nulla a che vedere con il suo ruolo nel Pd".