Milano, 22 agosto 2011 - Che fine ha fatto il bronzetto di Arnaldo Pomodoro? Un’opera dello scultore romagnolo, oggi 85enne e milanese di adozione, è al centro dell’ennesimo caso giudiziario che riguarda un falso artistico. La scultura è un bassorilievo rettangolare in bronzo dorato, 22 centimetri per 12, realizzato nel 1980. L’artista se la vide recapitare in studio, qualche anno fa, con tanto di firma autografa apposta sulla base pure in bronzo, e numero di tiratura 1/9. Pomodoro verificò nel suo archivio che l’esemplare era stato venduto a suo tempo al gallerista milanese Giò Marconi. E la firma era autentica, quella sì, ma non la scultura. Da lì la denuncia sporta ai carabinieri di Monza e il seguito della storia.

A mostrargli l’opera era stato un gallerista milanese, Vittorio Poleschi, che voleva verificarne l’autenticità. Scoperto che era un falso, subito rivelò da chi l’aveva comprata. Ne nacque così un singolare caso giudiziario, con due persone imputate di messa in commercio di un falso e ricettazione. Uno di loro, Francesco D., per breve tempo aveva lavorato come magazziniere del gallerista Marconi. L’altro, Antonio C., si era offerto di aiutare l’amico a vendere l’opera e lo aveva messo in contatto alla fiera MiArt di Milano con Poleschi, cui l’aveva ceduta per novemila euro.

Dai racconti dei protagonisti, versioni inconciliabili. D. sostenne di aver ricevuto il bronzetto di Pomodoro dal gallerista Marconi anni prima, a parziale pagamento del suo lavoro per la galleria. Marconi confermò di aver avuto D. alle sue dipendenze ma negò di non averlo mai retribuito “in natura artistica”. E aggiunse di essersi accorto solo in seguito che quella scultura di Pomodoro era sparita dalla sua galleria. Antonio C. da parte sua, si difese sostenendo di aver sempre conosciuto l’amico D. come appassionato d’arte e di non aver dunque potuto immaginare che lo stava aiutando a vendere un falso.

In definitiva, D. ha pensato bene di uscire dal processo patteggiando una pena sotto i due anni, mentre C., difeso dagli avvocati Armando Cillario e Anna Molinari, ha affrontato il giudizio e alla fine ha avuto ragione. Il giudice Chiara Nobili ha riconosciuto che non c’era la prova che sapesse che l’opera era falsa. Perché questo è sicuro, ha stabilito il magistrato: il bronzetto era un falso. Ma allora chi ce l’ha il vero Pomodoro?