Milano, 6 agosto 2011 - Il boss Fidanzati jr voleva allungato le mani anche sul mondo dell’arte? Un business che faceva gola, da gestire da lontano attraverso prestanomi dai colletti bianchi. Chi non ricorda l’affaire Triennale a New York? Lo sbarco a Manhattan era stato annunciato in grande stile dall’allora sindaco Moratti e dal presidente della Triennale di via Alemagna, Davide Rampello. Era finalmente la finestra italiana nel mondo internazionale dell’arte. Quel progetto di una versione newyorkese del prestigioso museo che avrebbe dovuto sorgere davanti al MoMa fallì, si disse, per l’incapacità della società che aveva in gestione spazi e servizi di affrontare le spese della prima rata dell’affitto che ammontava circa a due milioni. La questione lì per lì sembrava archiviata come una brutta figura. Oggi, dalle carte dell’inchiesta sugli affari gestiti dal boss Guglielmo Fidanzati da cui emergono gli intrecci tra mafia e movida, la realtà appare un po’ più complessa. Dalle intercettazioni spunta il nome di un manager, Roberto Manzoni detto Bobo, secondo gli investigatori socio occulto di uomini legati a Fidanzati in alcuni affari. In particolare, la gestione del ristorante Moscati dell’omonima via, all’angolo con via Canonica.

 

Manzoni, a sua volta, era interessato alla gestione dello spazio espositivo da duemila metri quadrati proprio di fronte all’11 della West 53 Street. Il progetto di una succursale fronte MoMa della Triennale nasce proprio da una idea di Bobo Manzoni, Ceo di I Living Italy srl, a quel tempo già gestore anche della società di servizi della Triennale Bovisa di Milano. L’operazione Manhattan doveva essere inizialmente a costo zero per gli imprenditori. I 5 milioni di euro di investimento iniziale e gli altri 2,5 l’anno per la gestione erano stati garantiti da alcuni soci locali e dall’allora vertice del ministero dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. Un incidente funestò il buon esito del progetto.

A Roma il ministro Claudio Scajola, che aveva garantito il denaro per l’avvio delle attività internazionali, si era dimesso dopo lo scandalo della sua casa pagata dall’imprenditore Diego Anemone. A quel punto a New York di partner ne era rimasto solo uno, Roberto Manzoni della Art Living appunto. Si erano defilati dall’affare anche i fratelli Falconi di Ibs Securities e il finanziere Rocco Zullino della Hottinger et Associés di Lugano. Senza garanzia di denaro si ritirò anche Manzoni. Quest’ultimo, dalle carte dell’inchiesta risulta anche azionista di riferimento della Art Living LLC di New York e di una costituenda società russa per una futura Triennale a Mosca. Sul fronte della movida milanese, Roberto Manzoni in passato è stato socio della Bianco srl che gestiva il noto Bar Bianco all’interno del parco Sempione. Locale per il quale, però, indagato dalla procura per corruzione per vicende relative alla sua gestione non è Manzoni ma un uomo di Fidanzati. Manzoni è stato anche «proprietario» (le virgolette appartengono agli investigatori) di un’altra società che gestiva il Blanco Café in via Morgagni.

 

Sta di fatto che l’operazione di sbarco a New York fu troncata di netto da una decisione di Palazzo Marino, all’inizio di quest’anno. In sostanza, il sindaco Letizia Moratti, — riferiscono fonti politiche — avrebbe chiamato a rapporto Davide Rampello e alcuni consiglieri, mettendo un «veto» sull’operazione e sul suo protagonista Manzoni. E tutto sarebbe sfumato. Dalle carte del sequestro, intanto, il nome dell’ex sindaco spunta di sfuggita anche in un’altra intercettazione di uno dei gestori di fatto del Luminal (legato a Fidanzati). Il cugino Tony (Antonio Magistro) il 3 maggio scorso, annotano gli investigatori, «dice che gli serve il Luminal dalle 23 in poi, andranno circa 100 persone con i candidati e anche Letizia Moratti. Tony dice che vuole vedere Cilla (legato a Fidanzati, ndr) perché gli serve un assegno per darlo a quello che gli ha stampato i volantini».

 Ma Letizia Moratti alla serata non si è mai presentata. Nel frattempo, alcuni locali hanno cambiato gestione. Il café Solaire, all’Idroscalo, è stato chiuso. E il Papaja, invece, è ora gestito dal 15 giugno da Enrico Rovelli, ex manager di Vasco Rossi.