Venezia, 30 giugno 2011 - Dietro l’«obbedisco» con cui il cardinale Angelo Scola ha accolto la nomina ad arcivescovo di Milano non c’è solo il dispiacere di lasciare Venezia per guidare la diocesi più grande d’Europa. C’è anche qualcos’altro. C’è il «timore e il tremore», come rivela monsignor Dino Pistolato, direttore della Caritas veneziana, che con il suo arrivo a Milano riemergano i contrasti e le opposizioni da parte dei vertici della curia che lo costrinsero a svolgere la sua missione pastorale altrove.

 

Un passato dal quale riemergono non solo l’arcivescovo Giovanni Colombo, che più di quarant’anni fa non lo ordinò sacerdote per la sua appartenenza a Cl, ma anche, nel 2002, il veto del cardinal Martini che favorì Tettamanzi e impedì a Scola di diventare il suo successore alla guida della Chiesa ambrosiana. Ora nel primo discorso ai fedeli ambrosiani l’ex patriarca di Venezia dice: «Ho bisogno di voi, del vostro aiuto, ma soprattutto del vostro affetto».

 

Perché monsignor Pistolato?
«Perché ha timore e tremore che i milanesi non sappiano cogliere il nuovo che porta in sé, che leggano a ritroso la sua storia».


Ma cosa può spaventarlo a Milano, la sua città?
«Forse il suo vissuto. Per una decina d’anni è stato il numero due del movimento Comunione e Liberazione. È stato allontanato dal seminario milanese. Il 18 luglio 1970, a 29 anni, è stato ordinato sacerdote non nella sua arcidiocesi di nascita ma a Teramo, dal vescovo Abele Conigli. Poi il veto del cardinal Martini nel 2002 alla nomina ad arcivescovo di Milano: “Qui - gli disse - non verrai mai”».
 

Altri timori?
«A Venezia poteva governare, a Milano no. Nel 2007 ha rinnovato la Curia lagunare. I numeri: tre vicari episcopali e nove delegati patriarcali. Le parrocchie sono 128, i sacerdoti diocesani incardinati 192, i sacerdoti regolari 159, i diaconi permanenti 27. La popolazione non tocca i 400mila abitanti. A Milano, invece, nemmeno il più bravo arcivescovo può governare da solo. Solo i sacerdoti sono tremila».
 

Perché il cardinale Scola ha sottolineato più volte: “Ho accolto in obbedienza la decisione del Papa perché è il Papa”?
«Molti pensano alla sua amicizia con il Santo Padre ma sono convinto che non abbia fatto nulla per andare a Milano. Sperava fosse fatta un’altra scelta».
 

Allora c’è coraggio nel ributtarsi dentro una realtà così mastodontica?
«Certamente. Bisogna ricordare che il cardinale Scola a novembre compirà 70 anni. Alla base c’è obbedienza al Papa e comunione all’arcidiocesi di Milano».
 

Ma allora il suo passato?
«Va giudicato con rispetto e gratitudine».
 

E il presente?
«Con pazienza, purché ci sia rispetto per tutti».
 

In questi nove anni a Venezia il cardinale Scola è cambiato?
«Sì. Anche noi, sacerdoti e Venezia, abbiamo dato il nostro piccolo apporto per il suo crescere. Ora lasciamo andare il patriarca di Venezia. Che non è più un ospite. Significa che ha capito le dinamiche, le politiche della città di mare e di terra. Era diventato parte integrante e punto di riferimento della città».