Milano, 3 febbraio 2011 - Il Milleproroghe continua a slittare. Rinvii a catena, incertezza sui tempi di approvazione, sedute sconvocate per dare la precedenza al federalismo fiscale. Ieri, ad esempio, era in programma una riunione della Commissione Bilancio del Senato per verificare la copertura finanziaria degli emendamenti al decreto-legge: saltata, se ne riparla stamattina alle 9. E così anche le modifiche che riguardano la Scala e il possibile reintegro dei fondi statali tagliati a luglio si bloccano nelle sabbie mobili di Palazzo Madama.

Al momento, resta in piedi la proposta avanzata dalla Lega Nord, che chiede un finanziamento di dieci milioni di euro a testa per il Piermarini e per l’Arena di Verona. E ancora, l’emendamento del pidiellino Cosimo Latronico, che prevede uno stanziamento di tre milioni per i due enti lirici più virtuosi, cioè Scala e Santa Cecilia di Roma. Su queste proposte, c’è da registrare la freddezza della dirigenza scaligera. O meglio, in pochi credono che provvedimenti così onerosi possano ottenere il placet della Commissione Bilancio. D’altro canto, secondo il resoconto della Commissione Affari Costituzionali, che l’altro giorno ha esaminato l’ammissibilità delle richieste, sono stati invece cassati due emendamenti simili, che volevano introdurre un reintegro per le fondazioni sinfoniche pari a 35 milioni di euro e un ulteriore contributo per il 2011, allargato a tutti i settori dello spettacolo, di 150 milioni.

 

In realtà, è proprio su quest’ultima ipotesi che puntavano i piani alti di via Filodrammatici: del fondo aggiuntivo 2010 per i tredici enti lirici, alla Scala sarebbe spettato il 14,5%, cioè la stessa percentuale assegnata dal Fus. Euro più euro meno, sarebbero cinque milioni. Giusto quelli che servono per chiudere il bilancio in pareggio e poter pagare così l’ultima tranche di integrativo aziendale ai lavoratori. Senza dimenticare l’importanza dei 150 milioni per il 2011, che riporterebbero il Fondo unico per lo spettacolo ai livelli dell’anno scorso: 408 milioni di euro. Esattamente, la richiesta fatta dagli operatori del settore. Non è da escludere che sia proprio il ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, a presentare l’emendamento decisivo per salvare capra e cavoli. Con l’avallo del Ministero del Tesoro: «È l’ultima volta che vi aiutiamo - l’avvertimento di piazza XX Settembre -. Dal 2012 la musica cambia». Al mondo dello spettacolo italiano, da sempre abituato giocoforza a pensare al presente, basterebbe eccome.