Milano, 16 dicembre 2010 - Là dove c’era la periferia, lui ci immaginò uno spazio aperto alla città. Accessibile a tutte le tasche, anche a quelle degli operai di inizio Novecento. Là, in piazza Piemonte, al civico 12, c’è ancora il Teatro Nazionale, fondato nel 1924 da Mauro Rota.

Lui, il visionario impresario, nasce nel 1881 a Casale Monferrato: famiglia modesta, papà manovale e mamma governante. Il paesone dell’Alessandrino, però, gli sta stretto, così nel 1900 decide di fare il grande salto e si trasferisce a Milano. Lavora sodo in un negozio di corso Genova, ma non rinuncia ai suoi interessi: frequenta il circolo Umanitaria, sposa la battaglia dei diseredati, si schiera al fianco dei lavoratori. Ma a quei tempi è dura essere socialisti: Mauro finisce anche in carcere. È lì che incontra il fratello di quella che poi diventerà sua moglie: si chiama Antonio Sassu, papà del pittore futurista Aligi. In pochi anni, il raggazzo di campagna si mette in proprio: nasce l’orologeria Rota, proprio di fronte al teatro Augusteo, «di cui nel 1911 ottiene la gestione - sorride Maura Maveri Rota, nipote dell’imprenditore piemontese -. Mio nonno realizza così quello che aveva sempre desiderato». In poco tempo, Mauro si prende tutti i locali di Milano, «ma il suo sogno - chiarisce il pronipote Paolo - era costruire un teatro tutto per sè». Così, negli anni Venti compra un’area in piazza Piemonte e dà il via ai lavori di costruzione del Nazionale: avveniristico il progetto, con un rivoluzionario sistema a capriate per la sospensione delle cupole. Il 20 dicembre 1924, su il sipario, con «La cena delle beffe» di Sem Benelli. Ad attendere le dame, però, non c’è un tappeto rosso, bensì una passerella di legno per evitare che si sporchino gli strascichi nell’acquitrinio della piazza: a far da colonna sonora, il gracidìo delle rane. 

Ci passano tutti i grandi dell’epoca, in quel teatro. Un teatro polifunzionale. Arrivano gli elefanti del circo equestre: «Nonno Mauro ne approfittò per far imbiancare il soffitto ai trapezisti». Si organizzano incontri di pugilato, con la grande star Primo Carnera sul ring. Negli anni Settanta, il teatro passa al figlio Giordano, che lo rilancia: sul palcoscenico, si alternano il talento di Vittorio Gassman e la leggiadria di Rudol’f Nureyev; trattamento speciale per Paola Borboni, che arriva in teatro su un cocchio tirato da cavalli bianchi. «C’è poco da fare - chiosano Maura e Paolo -. Ai nostri avi piaceva fare le cose in grande». Oggi le quattro figlie di Giordano mantengono la proprietà del Nazionale, ma la gestione è stata affidata alla Stage Entertainment. «L’unico modo per continuare la grande tradizione di famiglia». Domenica il teatro compirà 86 anni. Buon compleanno.