Milano, 12 ottobre 2010 -  La Nissan Primera parcheggiata in via Ghini è quasi completamente carbonizzata. È l’auto di Gianluigi Ricotti, il testimone oculare del pestaggio che ha ridotto in fin di vita Luca Massari, 45 anni, il tassista colpevole di avere investito un cane. Massacrato a calci e pugni, lotta contro la morte all’ospedale Fatebenefratelli. Il suo aggressore, Morris Michael Ciavarella, 31 anni, disoccupato con precedenti per spaccio, è in cella accusato di tentato omicidio. Ma non è stato solo lui a colpire il tassista: almeno altri due ragazzi del quartiere, dopo averlo incitato, gli hanno dato man forte nel pestaggio. Decine di testimoni sono stati sentiti ieri in Questura per poter dare un volto ai giovani del branco. La polizia è sulle loro tracce.

Ora in via Ghini, dove il tassista è stato aggredito, c’è un’auto bruciata durante la notte. E da ieri Ricotti e la moglie ricevono minacce di morte al telefono e al citofono. È la ritorsione del quartiere contro chi ha osato collaborare con la polizia. È la legge dei palazzoni di Scalo Romana, periferia sud di Milano, una zona che la stessa Procura definisce «fuori controllo», consegnata alle bande che gestiscono lo spaccio, il racket delle case occupate, seminando paura e violenza. La conferma arriva, puntuale, ieri alle 13 davanti ai nostri occhi.

 

Le immagini delle strade di Scalo Romana sono già su tutte le televisioni; i cronisti impegnati a raccontare il degrado del quartiere. Un fotografo, Maurizio Maule, è lì davanti all’auto bruciata, insieme a noi. Ci allontaniamo per un momento, un residente del quartiere ci dice che «è meglio se ci facciamo gli affari nostri». Poi succede qualcosa che ci mette in allarme. Due ragazzini su uno scooter Zip rosso arrivano velocemente nella nostra direzione, ci puntano, fanno due giri, sono senza casco. Sembra di stare in una strada di Secondigliano. I due ci insultano, fanno finta di travolgerci con lo scooter e poi quando sono sicuri che ci siamo allontanati dal luogo in cui è rimasto il fotografo, cominciano a suonare il clacson. A questo punto due, forse tre ragazzini escono dal civico 15 di via Ghini. Noi siamo più lontani, ma sentiamo le urla del fotografo. Vediamo che sta tentando di difendersi, loro tirano fuori un bastone e lo picchiano, in testa, sulle mani. Lui si difende e chiama la polizia.

Tutto si svolge in un attimo. L’auto delle Volanti è lì, poco distante, arriva in tre, quattro minuti, ma gli aggressori velocissimi si sono già dileguati nel dedalo di palazzoni tutti uguali e probabilmente si sono infilati in una delle quindici minuscole portine di accesso ai palazzi. La polizia porta in questura i due sullo scooter, per loro, in serata viene formalizzata una denuncia. Intanto arrivano poliziotti in tenuta antisommossa per tenere a bada il quartiere, il clima è tesissimo. All’indomani del pestaggio brutale che ha mandato in coma il tassista Luca Massari, è chiaro che il quartiere difende l’aggressore. Ha creato un cordone di protezione attorno a Morris Ciavarella, per tutti Michael, che due giorni fa «ha perso la testa» e ha quasi ucciso il tassista che gli ha investito il cane. Ha bruciato la macchina del ragazzo che ha testimoniato a favore del tassista, un atto di ritorsione contro chi ha osato sfidare le leggi del quartiere.

 Una legge omertosa che impone di coprire ciò che di brutto avviene. Ma d’altra parte bisogna venire qui, tra le vie Ghini e Antonini, camminare tra i palazzoni popolari del quartiere, per capire che siamo in un’altra Milano. Molto lontana dall’immagine di città del futuro. Questa è una parte di metropoli comandata dai clan, si è popolata negli anni Ottanta con l’immigrazione pugliese e campana. Qui i ragazzini girano ancora senza casco, come a Scampia, lanciano gli avvertimenti. Una ragazza ha provato a raccontare quanto è successo ieri, ma qualcuno dalla finestra del civico 8 di via Ghini, le ha urlato: «Stefania, non parlare». Lo spaccato di una città nella città, dove tutto si gioca tra quelle vie, dove le regole di vita non sono quelle che appartengono a tutti. «Quando si arriva in queste zone - dice Massimiliano - meglio farsi gli affari propri. Vede - ci spiega - se il tassista ieri non si fosse fermato a fare polemica, non sarebbe ridotto così. Doveva capire che non era aria».