Milano, 10 luglio 2010 - Una bomba, ma «era un gesto di pace». Lo disse, lo ripetè più volte al pubblico ministero Maurizio Romanelli. «Per la pace» era l’ordigno rudimentale, portato dentro la caserma militare Santa Barbara, in piazzale Perrucchetti, fatto esplodere con un innesco all’incontrario, tipo miccia a testa in giù, con polveri mal miscelate. «Era fatto apposta» disse il libico Mohamed Game a chi lo interrogava, ormai cieco da entrambi gli occhi, un moncherino al posto della mano destra. Non voleva farsi majid, immolarsi, poi disse, né far del male alle persone, ma «lasciare là la cassetta dell’esplosivo e andarmene». Un gesto dimostrativo, contro la guerra.

 

La bomba, nella mattina del 12 ottobre 2009 esplose nella porta carraia della caserma, i danni limitati al kamikaze, che maciullato dallo scoppio, gemette: «Dovete andarvene dall’Afghanista». E ieri Mohamed Game, 36 anni, che vive in un’oscurità permanente nel reparto clinico del supercarcere di Opera, e che davanti al giudice delle indagini preliminari Stefania Donadeo ha fatto una sola comparsa, non c’era ad assistere alla sua condanna. Quella, quattordici anni di reclusione incassati in rito abbreviato (un terzo dello sconto sulla pena) per attentato, fabbricazione, detenzione e porto di ordigni esplosivi, il tutto finalizzato al terrorismo, si adegua alla richiesta del pubblico ministero Romanelli e la conferma.

Così Game si aggiudica il primato di kamikaze fai-da-te in Italia e a Milano, un veloce e intenso indottrinamento in Internet attraverso la parola del rpedicatore Abu Musab Al Suri che teorizza la jihad individuale e movimentista, un intensissimo apprendimento attraverso l’Enciclopedia illustrata per la fabbricazione degli esplosivi di Abdallah Dhu Al-Bajadin, via web, una serie sconfinta di accessi in Internet per monitorare personaggi politici della Lega e del Pdl.

Non passa la tesi che l’esplosivo rimase in parte inerte per la volontà imbelle dell’imputato di non far del male a nessuno e nemmeno a se medesimo. Quella per cui l’avvocato Alessandro Pedone aveva chiesto la derubricazione del reato ad attentato non atto a ledere le persone, cosa che avrebbe comportato una forte diminuzione della pena, e comunque non oltre i dieci anni di reclusione.

 

Le parti civili, Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministeri della Difesa e degli Interni, ricevono dal giudice una provvisionale (formale, Game non è in grado di pagare) da cento milioni di euro ciascuno, contro la richiesta complessiva di 500 mlioni.

Il complice del libico, l’egiziano Mahmoud Kol, accusato di fabbricazione, detenzione e porto di ordigni esplosivi con finalità di terrorismo è condannato a quattro anni di reclusione. A suo carico, una provvisionale a favore delle parti civili di complessivi 15mila euro.

L’uomo, presente al processo in sedia a rotelle per ultimi problemi di salute, era accompagnato dalla moglie italiana (la seconda è in Egitto) e da cinque dei dieci figli, che assitono composti, e senza una parola, alla condanna. Il suo avvcoato Carmelo Scambia, di fronte alla condanna cui ricorrerà in appello, dichiara l’incosistenza della prova che Kol sapesse del fine ultimo di diserbanti e solventi e bolla la condanna come emergenziale: «E’ ciò che la situazione impone». Il terzo complice, il libico Imbaeya Israfel, verrà giudicato in autunno in rito ordinario.