Milano, 24 giugno 2010 - Questo Faust non s’ha da fare. Dopo la seconda replica, saltata lunedì scorso, ieri è stata annullata anche la terza rappresentazione dell’opera di Gounod. Non è finita. Sabato 26 niente sipario per il quarto spettacolo: secondo i sindacati, infatti, i dipendenti della Scala, in agitazione permanente contro il decreto di riforma degli enti lirico-sinfonici, avrebbero chiesto di indire l’ennesima astensione dal lavoro. Senza contare il debutto del balletto «Romeo e Giulietta» del 25, già cancellato.

In tutto, fanno sette scioperi in poco meno di due mesi. Quattro in una settimana. Un po’ troppi anche per i dipendenti del Piermarini: sembra, infatti, che molti ne abbiano abbastanza di incrociare le braccia senza ottenere risultati tangibili. D’altro canto, la conversione in legge del provvedimento normativo ispirato dal ministro Sandro Bondi sta incontrando qualche difficoltà di troppo alla Camera: ieri, è stata più volte ventilata l’ipotesi della fiducia.

 

Alla fine, la norma uscirà da Montecitorio con alcune modifiche e dovrà tornare a Palazzo Madama in seconda lettura. Con tempi strettissimi per l’approvazione, visto che la deadline è fissata al 29 giugno. Tuttavia, i lavoratori non si fidano. E la domanda più ricorrente è sempre la stessa: che senso ha continuare a scioperare? A pesare sono anche le ripercussioni della protesta sulle buste paga: un corista, tanto per citare un caso, perde 120 euro lordi per ogni giorno di astensione dalle sue mansioni. Ieri, ad esempio, i lavoratori hanno dovuto rinunciare a 60 euro. Sì, perché, dopo essersi presentati alle prove del pomeriggio (considerate come la prima prestazione della giornata), non sono andati in scena per la rappresentazione della sera.

I delegati di Cgil e Fials assicurano che il fronte è compatto e programmano mobilitazioni a lunga scadenza. «Andremo avanti - conferma Sandro Malatesta, Fials, che rappresenta la maggior parte degli orchestrali -. Se la situazione non migliorerà, ci muoveremo anche per la prima del 7 dicembre». Cioè, l’evento lirico più atteso del mondo. Solo minacce? Intanto, restano a rischio le tournée estive di Napoli e Buenos Aires. Una situazione incandescente, insomma. Anche se nel frattempo si sono sfilate Cisl e Uil, che vorrebbero manifestazioni più soft e rivolte alla cittadinanza. Niente a che vedere con la prova di forza di due giorni fa, quando un centinaio di lavoratori ha occupato simbolicamente la sovrintendenza.

Con tanto di richiesta a Stephane Lissner di farsi portavoce delle loro istanze. Il numero uno del Piermarini preferisce non commentare: secondo i suoi più stretti collaboratori, attende novità da Roma. Insomma, il manager francese non rilascerà dichiarazioni fino al momento in cui il testo del decreto non sarà definitivo. Del resto, il sovrintendente è sempre stato chiaro: la forza-lavoro non si tocca, se qualcuno deve pagare per i disavanzi degli enti lirici non sarà di certo quello più virtuoso, con i conti in regola e il cospicuo contributo da parte dei finanziatori privati. E poi c’è la questione del regolamento ad hoc: Lissner chiedeva norme speciali per la sua fondazione entro luglio. Sembra, invece, che tutto dovrà passare attraverso le aule parlamentari, con un inevitabile allungamento dei tempi. Anche per questo, i lavoratori sono in trincea. E oggi pomeriggio scenderanno di nuovo in piazza. Meno convinti di qualche settimana fa, però.